Il voto che apre la corsa al 2027. Si salda il patto sinistra-Anm-Cgil

L'ultimo round il 22 ottobre per l'ok al Senato. Referendum in primavera

Il voto che apre la corsa al 2027. Si salda il patto sinistra-Anm-Cgil
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Sul calendario della maggioranza è cerchiata una data: il 22 ottobre. Fra un mese o poco più: quel giorno o subito dopo potrebbe partire al Senato l'ultimo round, il quarto, per arrivare all'approvazione della riforma attesa da almeno trent'anni. L'idea è quella di correre come fulmini, senza gli ostacoli, senza la "zavorra" di emendamenti e ordini del giorno. Prima di consegnare l'aula di Palazzo Madama alla discussione della legge di bilancio.

A quel punto la separazione delle carriere sarà legge. E comincerà la madre di tutte le battaglie: un periodo di cinque o sei mesi di scontro in tv e nel Paese fra i sì e i no del referendum. E qui occorre dare una seconda occhiata ai mesi e alle settimane del 2026: alle urne, per confermare o buttare a mare le nuove norme, andremo in primavera, fra marzo e aprile.

Dunque, più o meno da fine ottobre le opposizioni si scateneranno per portare quanti più italiani al voto nel tentativo di vincere una partita che si presenta come l'anteprima delle elezioni politiche del 2027. Dunque, si farà leva sulla pancia e sui sentimenti, su pregiudizi e previsioni apocalittiche, per stanare i cittadini e spingerli a infilare nell'urna il loro no ai sacrosanti principi del garantismo e della civiltà giuridica che abbiamo importato dai paesi anglosassoni.

Paure e anatemi. Vedremo, in un carosello di programmi, Schlein e Conte, e li osserveremo in compagnia della sinistra radicale di Avs, di Bonelli e Fratoianni, e capiremo presto come si schiererà Italia viva, la creatura di un Matteo Renzi sempre più barricadero e sempre più in feroce polemica con la maggioranza. Ma le opposizioni, a maggior ragione in vista della consultazione popolare, saranno assai più variegate e mobilitate. Vedremo artisti, registi e intellettuali stracciarsi le vesti e indignarsi, puntare il dito perché - così ripeteranno all'infinito - il vero obiettivo è tagliare le unghie a chi indaga, impedirgli di andare a fondo e schiacciare il pm sotto il tallone dell'esecutivo. Con loro ci saranno pezzi grossi e seconde file dell'Anm che butteranno un'altra croce addosso al governo: sosterranno che il pm diventerà sempre più aggressivo, un super poliziotto che non cercherà più le prove a favore dell'imputato, ma si affretterà verso il processo e magari la condanna.

Certo, oggi, dopo lo scandalo Palamara e tante altre vicende, la magistratura, in particolare quella associata, non ha più il consenso di prima e non è più il metronomo o uno dei metronomi della vita pubblica. Vero. E confermato dai sondaggi e dalla percezione comune. Dalle troppe inchieste partite fra squilli di tromba e finite nel nulla. Tutto giusto. Ma dobbiamo prepararci a un turbine di Tg, programmi tv e paginate pensate come un grande balcone da cui si affacceranno esperti e opinionisti del pensiero unico che lanceranno alert su alert.

Ammoniranno sull'indebolimento del potere giudiziario e quindi della nostra democrazia, prima di aggiungere una dose immancabile e non omeopatica di benaltrismo. La soluzione dei problemi sta altrove, la separazione è dannosa ma anche inutile perché quel che conta è l'efficienza e l'efficienza non si raggiunge separando e dividendo. I processi, ci informeranno, non diventeranno più veloci e le sentenze non arriveranno prima.

Tutto uguale e tutto peggio. Tutto studiato secondo loro per mortificare chi indaga, porta a galla le malefatte dei potenti, manda al tappeto un governatore, un ministro e perfino un governo che sta entrando nei manuali di longevità. Il tutto con contorno di appelli accorati e dichiarazioni altisonanti. E naturalmente i presidi e i cortei della Cgil.

Qualcuno,

facendo sfoggio di pessimismo, immagina anche un rigurgito di inchieste eccellenti. E un ritorno all'Italia del passato, quella di dieci o vent'anni fa. Quella che impedì di portare a termine quel che oggi si sta realizzando.

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