Vista l’enorme confusione generata dalla sentenza Mills viene quasi da rimpiangere i tempi in cui uno era condannato (e andava in galera) o prosciolto (con tante scuse). Da qualche anno invece si è cercato di inventare la figura del mezzo condannato, del quasi assolto, dell’«archiviato con motivazioni durissime», del «prescritto con accertamento di colpevolezza» e tante altre assurdità che costringono gente, che poco sa di diritto, alla lettura di sconfinate motivazioni di processi dove il giudice dipinge, spesso con prosa traballante, la sua opinione. Oltre a questo poi fioriscono gli sminuzzatori di sentenze alla Travaglio, che pescano dalle motivazioni le frasi che più interessano alla loro tesi e le spacciano per verità assoluta. Facciamo buon viso a cattivo gioco e cerchiamo di mettere qualche punto fermo nel polverone giuridico.
1)Prescritto non vuol dire colpevole.
Il giudice, non appena riscontra che è passato troppo tempo dal momento dell’eventuale reato, deve dichiarare la prescrizione senza entrare nel merito, se non per riscontrare la sussistenza di evidenti condizioni di innocenza.
In parole semplici se normalmente un imputato viene condannato solo se a parere del giudice non vi sono dubbi sulla sua colpevolezza, in caso di intervenuta prescrizione questo principio viene ribaltato e la prescrizione prevale a meno che non vi sia una prova positiva di innocenza. Sbaglia quindi chi (come moltissimi quotidiani ieri) dice che la Cassazione ha dichiarato Mills colpevole ma di reato prescritto. La Suprema Corte ha semplicemente rilevato che erano ormai passati dieci anni dal momento dell’eventuale reato e che quindi la questione si chiudeva lì.
2)Non esiste la «prescrizione con accertamento di colpevolezza».
Come si è detto prima si dichiara il non doversi procedere appena si rileva una condizione di estinzione del reato (articolo 129 del Codice di procedura penale) senza entrare nel merito della questione.
3)Il risarcimento inflitto a Mills non è prova di colpevolezza.
Il danno che Mills deve risarcire allo Stato è disgiunto dal processo penale e corre su un binario parallelo senza implicare nessuna responsabilità di tipo penale (articolo 578 del Codice di procedura penale). Se interviene una causa di estinzione del reato come la prescrizione, per prassi il giudice per la parte civile conferma la condanna al risarcimento inflitta nel grado precedente. Nel caso specifico poi, vista la confusione creata dalla dissennata condotta dell’avvocato inglese, il risarcimento appare persino generoso.
4)Berlusconi non risulta colpevole di alcunché.
Il processo a Berlusconi in pratica non è ancora partito in quanto la sua posizione era stata disgiunta a seguito del lodo Alfano. Pertanto per lui non vi può essere alcun «accertamento di responsabilità» prima dello svolgimento del processo. Né vi sarà mai (a meno che non rinunci alla prescrizione) in quanto anche per il premier non vi sono assolutamente i tempi per arrivare a sentenza definitiva prima della decorrenza dei termini.
A questo punto però, al di là dei tecnicismi, ci si può porre la semplice domanda: «ma alla fine, Berlusconi ha corrotto o no Mills»?
Ebbene, in effetti converrebbe a volte ragionare un po’ di più con la propria testa e meno con i verbali delle sentenze. Non abbiamo bisogno di un giudice per sapere che l’uomo che ci sta sfilando il portafoglio è un rapinatore o che uno che non era lì al momento del delitto è innocente.
In questa strana vicenda avrebbe dovuto aiutarci da subito la logica: è mai possibile che un pagamento di seicentomila dollari che Mills riteneva talmente innocente (un regalo) da scriverci sopra una lettera, sia stato occultato in maniera così machiavellica da non essere mai stato trovato? I soldi non si creano dal niente, se Bernasconi per conto della Fininvest avesse davvero staccato l’assegno a favore dell’avvocato inglese, ci dovrebbe essere traccia in uscita dalle casse della finanziaria. Nulla di nulla. Se non c’è uscita di denaro non c’è né regalo ne corruzione. In un Paese normale Berlusconi potrebbe serenamente rinunciare alla prescrizione e incassare una doverosa assoluzione piena in quanto non esiste la prova di qualsivoglia suo atto illecito.
Peccato che giuridicamente parlando la normalità non sia di casa nel Belpaese, quindi se il premier decidesse di tenersi stretta la sua prescrizione sarebbe difficile biasimarlo.
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