Roma

Solo l’assessore festeggia in via Giulia

Ricevimento nella sede del I Municipio per Fabio Zuccarelli fresco sposo. Una cornice prestigiosa, ma non per tutti

Claudia Passa

Chi lo conosce bene lo dipinge come un gran lavoratore, tutto casa e ufficio. Dev’esser proprio vero, se si pensa che anche nel giorno del suo matrimonio Fabio Zuccarelli, assessore al Commercio e vicepresidente del I municipio, proprio non ce l’ha fatta a separarsi dalle quattro mura di via Giulia. Dopo il rito civile officiato in Comune sabato scorso, infatti, l’esponente della Quercia ha deciso di invitare gli amici per festeggiare il lieto evento a Palazzo Medici Clarelli, il piccolo Campidoglio del centro storico, il suggestivo edificio cinquecentesco di via Giulia 79 che i cittadini hanno imparato a conoscere fin dai tempi dell’ex Prima circoscrizione, e che spesso ha ospitato manifestazioni e iniziative culturali patrocinate dall’amministrazione.
Una speranza per le giovani coppie in cerca di una degna cornice per brindare al fatidico «sì» senza doversi sottomettere all’oneroso business dei fiori d’arancio? Sarà. Ci siamo calati per un giorno nei loro panni, curiosi di verificare se dinanzi a una coppia di comuni cittadini le porte di via Giulia si sarebbero spalancate altrettanto facilmente. Prima tappa: l’ufficio relazioni con il pubblico del I municipio. Chiediamo di poter festeggiare il matrimonio a Palazzo Medici Clarelli, ovviamente previo pagamento di ogni eventuale spettanza (nei giorni festivi e prefestivi gli uffici sono chiusi, e supponiamo che l’apertura del palazzo comporti un onere per l’amministrazione). Stupiti dalla richiesta, ci invitano con cortesia a contattare l’ufficio comunale per i matrimoni civili. Non ce lo facciamo ripetere due volte. «Queste cose non si fanno – sbottano dall’altro capo del telefono -, non è previsto dalla legge». Temendo di esserci spiegati male, per evitare confusioni fra rito civile e banchetto, specifichiamo meglio la richiesta, facendo presente che in I municipio, proprio nei giorni scorsi, una simile autorizzazione dovrebbe essere stata concessa. «Non so come abbiano fatto – insiste con un certo cipiglio l’addetto comunale -, non è di nostra competenza. Il matrimonio si celebra in Campidoglio, a Villa Lais o a Caracalla, poi il ricevimento lo fa dove le pare». La comunicazione finisce qui. Niente da fare.
Non ci diamo per vinti, e ci rivolgiamo all’ufficio matrimoni civili del municipio: «Non siamo al corrente di una simile possibilità, dovete rivolgervi al Comune». Inutile spiegare che l’abbiamo già fatto, e ci hanno risposto picche. Sconfortati e delusi, ritorniamo al punto di partenza: l’ufficio relazioni con il pubblico. Raccontiamo per filo e per segno tutta la estenuante quanto vana trafila seguita per usufruire di uno spazio di cui ci risulta che altri prima di noi abbiano usufruito. La cortese interlocutrice, come «ultima chance», ci suggerisce di contattare il Servizio demografico del municipio. Dopo numerosi tentativi, ci risponde un gentile signore: «Non so cosa dirvi, credo che l’unica possibilità sia rivolgersi al direttore o al presidente, comunque la vedo difficile».
Che fosse difficile ce ne eravamo accorti da tempo. Il sospetto - che nessuno degli uffici interpellati ha contribuito a fugare del tutto – è che per un privato cittadino sia praticamente impossibile ciò che per il vicepresidente del municipio è stato evidentemente fattibile. Siamo certi che in I municipio saranno pronti a spiegarci con dovizia di particolari quale complesso meccanismo normativo rende assolutamente lecito tutto ciò, se il servizio è a pagamento, e in tal caso quanto si paga e quanto è stato pagato.

Ma allora, tanto varrebbe rendere la trafila agevole per tutti i cittadini.

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