Sondheim, Broadway omaggia il suo «grande vecchio»

Mentre tutti coloro che dieci anni fa al cinema sparsero calde lacrime sull’odissea di Billy Elliot si affollano al botteghino dell’Imperial Theatre dove si programma il musical originale con ben cinque repliche cinque durante il weekend, a pochi passi si respira tutt’altra aria. Anche se ci troviamo sempre su un marciapiede di quella Broadway che Truman Capote, reduce dal fiasco solenne del suo musical House of flowers, marchiò a sangue bollandola come un hangar a cielo aperto. La novità tra i musical della Grande Mela è infatti l’omaggio al più eclettico tra i suoi grandi autori. Ovvero a Stephen Sondheim, tuttora vivo e vegeto nonostante lo scorso marzo abbia festeggiato i novant’anni.
Per fortuna la ghiotta occasione, per non dire celebrazione, dell’autore di Gipsy e Dolci vizi al Foro, che si intitola com’era da aspettarsi Sondheim on Sunday, è tutto tranne che il noiosissimo elenco dei suoi refrain e dei leitmotiv che ancor oggi ci portiamo nel cuore. A parte il vezzo di far capolino durante lo spettacolo (ma solo su video) coi suoi paradossali commenti agrodolci sullo show da lui scritto e riscritto fino all’usura e licenziato dopo ben due anni di revisioni che non l’hanno lasciato entusiasta, Sondheim si cancella. Prendendo clamorosamente le distanze da questa originale partitura per immagini e suoni. Definita da molti critici più una messa profana che una commedia con musiche. Dato che non racconta la biografia del grand’uomo ma ne condensa la personalità tra capriole vocali e frizzi più acri che eleganti. Parodiandone il genio con totale irriverenza. Che culmina addirittura nella promozione di Sondheim a Messia con tanto di Amen a iosa dispettosamente cantati in coro nella sarabanda finale. Un successo? Un’apoteosi, al di là del dissenso, educato ma fermo, di alcune comunità religiose irritate dall’uso frequente ma smodato di tanti e tanti inni sacri profusi con garbo ma non certo per motivi di fede.
Ma questo è niente a paragone delle ovazioni che accolgono ogni sera la veterana Angela Lansbury che, in coppia con la bellissima Catherine Zeta-Jones, registra ogni sera il sold-out con A little night music che, guarda caso, porta da anni la firma di Sondheim. E che altro non è che la versione musicale di Sorrisi di una notte d'estate, la più deliziosa e frizzante delle commedie cinematografiche di Ingmar Bergman. Dove la Zeta-Jones nei panni della grande attrice Desirée ha presto ragione di Anne, giovanissima sposa del suo amato ex pretendente Fredrick, grazie ai consigli tutt’altro che disinteressati della propria madre, Madame Armfeldt che la Lansbury esalta nella spiritosa recitazione come sola e unica incarnazione del demonio in terra.

Si sbellica dalle risa il pubblico che dal ’73 non rivedeva sulle scene questa favola densa di succhi (e sentenze) più amarognole che ottimiste al di là dello sfarzo di costumi e colori, più sgargianti e falsi di qualsiasi hit della vecchia Hollywood.

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