Politica

SOVRANITÀ SCIPPATA

Ieri, a Pontida, la Lega ha detto che sull’Europa sapeva già come sarebbe finita. Lo sapeva Bossi e lo sapevano anche i suoi. Se c’è una cosa nella quale, folclore a parte, la Lega è esperta, sono gli umori del popolo. Non c’è che dire. E, anche senza essere un leghista, non è difficile capire come l’Europa stia attraversando una crisi proprio per gli umori del popolo europeo che non le sono favorevoli. I fatti sono vari e ugualmente gravi: il no della Francia e dell’Olanda al trattato, il no al bilancio europeo, forti incertezze sull’allargamento ai Paesi a Est, Turchia compresa. C’è di che farsi tremare i polsi, e così si legge sulla stampa di lingua inglese. Non così si legge sulla stampa di lingua italiana dove professori, professoroni e professorini non sembrano percepire questo punto. Qualcuno ha detto che i popoli hanno bocciato il trattato costituzionale perché si tratterebbe di una materia troppo alta per essere affidata al popolo. Non si scrivono le Costituzioni con i popoli. Ricordiamo che la Costituzione italiana non fu scritta dal popolo, ma fu scritta da un gruppo di costituenti che, comunque, furono eletti dal popolo. Non fu scritta da inutili burocrati. Altri ha detto che è giusta l’idea, ma è sbagliato il modo di perseguirla. E noi, sommessamente, diciamo: e se i popoli avessero voluto dire che non sono d’accordo con l’idea, come la mettiamo?
Quello che ci pare evidente è che i popoli avvertono una lontananza tra loro e questa burocratica idea di Europa. A un deficit di concretezza si risponde con altrettante astrattezze. Sembrano non capire. Ma siccome sono intelligenti evidentemente non vogliono accettare.
La questione, secondo noi, è in questi termini. L’Europa significa una certa cessione di sovranità degli Stati nazionali. Significa ritenere che l’Europa sia più adatta dei singoli Stati a interessarsi di bisogni e interessi definiti, parziali, dei singoli Paesi. È stato così per l’antitrust europeo creato a partire dalla cessione di un po’ di sovranità da parte degli Stati. È stato così per l’euro e per la Banca centrale europea che ha le funzioni che prima avevano le singole Banche centrali.
Ora la questione è la seguente: come possono un popolo, dei popoli, accettare una cessione di sovranità? Lo possono fare a due condizioni. Che, purtroppo, sembrano ambedue mancare a questa Europa. La prima condizione è che ci sia un’idea forte e leader altrettanto forti (come fu al tempo di De Gasperi, di Schuman e altri) che traccino un orizzonte, magari anche difficile da raggiungere, magari anche comportante sacrifici, ma che riesca a scaldare il cuore dei popoli verso un obiettivo chiaro. Questo oggi in Europa non c’è. Chi pensa di essere leader, non lo è: vedansi Chirac e Schröder. Non sono leader europei, sono leader nazionali che vorrebbero imporre un’idea d’Europa utile solo ai loro popoli. Siamo lontani anni luce.
Ci potrebbe essere un’altra condizione per la quale i popoli possano pensare di cedere la sovranità. Che a questa cessione corrispondessero, nel breve tempo, effetti positivi, concreti, vicini. Anche questo non c’è. Si dovrebbe avvertire l’Europa come quella istituzione che da una parte protegge gli interessi dei cittadini e dall’altra utilizza strumenti per favorire le loro azioni positive. Ha ragione, questa volta, Giulio Tremonti: non si può avere un’idea astratta di cosa fare, occorre che l’Europa, come fanno gli Stati Uniti, intervenga, di volta in volta, con strumenti di governo a briglia corta, per far sentire ai cittadini che i loro interessi sono talvolta protetti e talvolta favoriti e spronati. Tutto questo non c’è, ma ci potrebbe essere. Nel senso che non è impossibile.

Ma non si fa né con i burocrati né con i (solo) sedicenti leader europei.

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