S&P minaccia l’Italia: riforme, o vi declassiamo

Al Paese servono cambiamenti strutturali. «Anche il centrosinistra con le sue divisioni avrebbe difficoltà a risanare il bilancio»

da Roma

L’agenzia di rating Standard & Poor’s torna a minacciare l’Italia di un ulteriore abbassamento del rating, ovvero della valutazione assegnata ai titoli del debito pubblico, attualmente pari ad «AA-» sul lungo termine con prospettive negative. «Il rating dell’Italia potrebbe essere abbassato se non emergeranno segnali di una strategia sostenibile e coerente di riduzione del debito dopo le elezioni del 2006».
Moritz Kraemer, responsabile dei rating sovrani dell’agenzia, ha disegnato in questo modo la situazione dell’Italia cercando di tracciarne l’agenda politica.
«Standard & Poor’s - ha spiegato Kraemer nel corso della consueta conferenza stampa di fine anno - guarda a riforme sostenibili e che durino nel tempo. Non diciamo per sempre ma finora non ne abbiamo vista nessuna in grado di durare tempi lunghi». Per l’economista è necessario rivoluzionare la politica economica italiana pena un’altra «retrocessione» del merito di credito che renderebbe più oneroso per lo Stato e per gli enti pubblici ricercare finanziamenti sul mercato dei capitali. Certo, dopo l’abbassamento della valutazione da «AA» ad «AA-» nel luglio 2004 e il taglio dell’outlook da stabile a negativo nello scorso agosto, vi era ancora tempo per approfondire le valutazioni. Anche alla luce del giudizio sostanzialmente positivo sulla Finanziaria 2006. La legge di bilancio, ha sottolineato Kraemer, «è abbastanza ragionevole vista la situazione e non è troppo restrittiva». Le misure di contenimento del disavanzo pubblico toni vengono descritte con toni pessimistici. S&P prevede che il rapporto debito/pil si attesti al 109% quest’anno, mentre il deficit/pil è atteso al di sopra del 3% almeno fino al 2008. Le stime del governo di un rapido miglioramento dei conti pubblici vengono liquidate come «ottimistiche».
La soluzione? Non nel ricambio della classe politica.

«Una potenziale maggioranza di centrosinistra - ha osservato l’esperto - mancherà di coesione così come il governo Berlusconi e dovrà appoggiarsi sugli alleati di Rifondazione comunista». I mercati, però, hanno ignorato queste valutazioni. Ieri il prezzo del Bund decennale (titolo di Stato tedesco), vero termometro dello stato di salute di Eurolandia, è salito.

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