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Uno sparo al tribunale ultima follia di Genova

Nella notte di vandalismi anche un colpo di fucile contro la Procura. E ora gli ultras minacciano la Sampdoria

Paola Balsomini

da Genova

Un foro di proiettile, probabilmente sparato da un fucile ad aria compressa, è stato trovato ieri mattina nel vetro nell’ufficio vicino a quello del pm Giovanni Arena, che due mesi fa aveva aperto l’inchiesta per la combine tra Genoa e Venezia. Un avvertimento, probabilmente. Il gesto di un tifoso rossoblù, pensano gli uomini della Digos che ricollegano il fatto alla manifestazione di piazza andata in scena ieri per protestare contro la decisione definitiva del tribunale di Genova che ha spedito il Genoa in serie C. Volevano colpire l’ufficio del pubblico ministero e forse hanno sbagliato mira. E pensare che in piazza De Ferrari fino alle 22 era tutto tranquillo. Il cuore della città pulsava dalla rabbia dei rossoblù. E nemmeno le forze dell’ordine provavano a fermare cori e insulti che piovevano in una calda notte d’estate. Poi l'atmosfera è diventata più pesante, i cori si sono trasformati in guerriglia: «Avanti, andiamo. Vogliamo gridare la nostra rabbia, o no?», urlavano i tifosi.
Dieci, venti metri di cammino. Fatti di grida, di cassonetti che non avrebbero dovuto essere nelle vie che incrociavano il corteo, «fatti sparire». E invece c’erano, perché hanno le rotelle e sono facilmente trasportabili, tanto da compiere due chilometri in giro per la città. C’era anche un vecchietto di ottanta anni che è saltato su un cassonetto per la raccolta differenziata e gli ha dato fuoco. C’era un ragazzo, di quelli con casco in testa, di quelli che uno pensa «speriamo bene». Qualcosa di meno di vent’anni. È salito anche lui sul cassonetto, ha tirato per la camicia il vecchio come per dire «Smettila, queste cose non si fanno». Il corteo poi si è riversato nel quartiere di Marassi: hanno dato fuoco ad un distributore di benzina ma era di un tifoso del Genoa che ieri ha contato i danni.
Nel day after la città invece era piena di cocci di bottiglie, spranghe di ferro, ancora ai lati della strada. E c’era ancora la rabbia che si respirava nei pressi della ferrovia presa d’assalto, per ben due volte, dai tifosi del Genoa. Hanno protestato così per settimane, esprimendo il loro rancore per chi li ha spediti dalla serie A all’inferno della serie C. Il corteo intorno alle 22.30 è arrivato sotto Corte Lambruschini e lì, casualmente, c’è la sede della Sampdoria. Qualcuno si è fermato, ha guardato in alto ma la marcia è proseguita: «Genova in fiamme», ha detto un uomo, 40 anni, sciarpa rossoblù attorno al collo e spranga tra le mani. Facce nascoste da cappucci neri e foulard, si sentiva solo la loro voce rabbiosa: «Siamo incazzati neri. Avanti, questa sera non ci fermerà nessuno».
All’una la guerriglia è finita, ma sono rimasti gli occhi spaventati dei genovesi che alle 22 urlavano «Qui è un altro G8» e alle 23 «Andatevene dalla nostra città». Il giorno dopo si sono contati i pezzi con un arresto e sessanta tifosi identificati; da 2mila 500 a 10mila euro per chi ha bloccato il traffico ferroviario. La città si è risvegliata con l’odore acre dei fumogeni e un alone di tristezza per la prima giornata di campionato che riporta i sostenitori del Grifone alla realtà più triste. Si partirà con Genoa-Pizzighettone. «La Sampdoria non giocherà», urlano i rossoblù.

In Questura stanno preparando le contromisure «perché la battaglia non è ancora finita».

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