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Speciale: "Contro di me falsità, mi difenderò"

L'ex comandante generale della Gdf: "Adesso mi lanciano nefandezze". E il generale, nel suo ufficio, si commuove per la foto della bandiera ricevuta in dono

Speciale: "Contro di me falsità, mi difenderò"

«Un cumulo di falsità e nefandezze, accuse prive di veridicità che mi lanciano addosso solo oggi, ma mi difenderò, io mi difendo». Trattiene la rabbia a fatica. Roberto Speciale è allibito dalle parole pesantissime scelte dal ministro Padoa-Schioppa che l'ha accusato di ogni indisciplina pur di dar profilo alla sua destituzione. «Ma come? Se sono quello che mi dipingono come mai il Cocer non ha mai detto niente? E poi come mai per un anno mi hanno lasciato al mio posto? E, domanda su tutte, se sono un militare di tal guisa come mai appena tre giorni fa mi proponevano il prestigioso incarico della Corte dei conti?». Insomma, il j'accuse del ministro al Senato rilancia lo scontro con il generale che fino a poche ore prima dell'intervento del governo voleva uscire di scena con un «obbedisco», rifiutando il «contentino» della magistratura contabile. «Ma veramente avrei gestito la Guardia di finanza come fosse cosa mia senza che nessuno dicesse nulla?». E il riferimento, il primo che balza alla mente e l'indicare da parte di Padoa-Schioppa dei generali Italo Pappa e Sergio Favaro come alti ufficiali che si dolevano dell'agire di Speciale. Peccato che proprio loro stigmatizzino nei verbali l'agire di Vincenzo Visco... E proprio loro firmano le ultime nomine con tutti i generali di corpo d'armata il 31 luglio 2006, escludendo gli spostamenti sollecitati dal viceministro.
Già nel pomeriggio, trascorso a casa il comandante generale delle Fiamme gialle era rimasto ore a seguire il dibattito al Senato. Con il fastidio che diventa stupore, la rabbia che incalza. Ecco «disgusto» dice lui, stando a quanto raccontano i pochi amici che sono andati a trovarlo a casa. Ma l'attenzione, nel suo ufficio ormai vuoto, è rivolta ai suoi ultimi due interventi. Il primo è il saluto al Corpo, a tutti i finanzieri. Già pronto per la stampa e per raggiungere i militari nel Paese. Tecnicamente, coincidenza vuole, si chiama «Ordine del giorno speciale». Verrà diramato in concomitanza con il passaggio di consegne, l'arrivo del nuovo comandante. Raggiungerà ogni caserma, ogni finanziere.
L'altro documento preparato prima di pranzo è il discorso ufficiale di congedo, un paio di cartelle in tutto, che Speciale ha scritto di getto per poi correggere, sfumare. Come quando se ne andò un comandante in Seconda al quale era particolarmente legato. Scrisse due paginette d'impulso. Poi per carattere parlò ai suoi generali a braccio.
La giornata nella quale Speciale avrebbe voluto smarcarsi dal confronto politico che pure lui stesso aveva indirettamente provocato era iniziata con un momento di commozione al comando generale. Ha fatto capolino il fotografo del Corpo con un pacchetto. Speciale l'ha aperto e si è ritrovato tra le mani, incorniciata, la fotografia della bandiera della Guardia di finanza. Nemmeno lunedì scorso aveva infatti chiamato i collaboratori per chiedere di fare uno scatto alla bandiera. «È l'oggetto al quale tengo di più - confida a un collaboratore - sta dentro la teca. La metterò sulla scrivania di casa». Gli scatoloni sono pronti. Li ha riempiti personalmente, a uno a uno, tra lunedì e martedì. Via la collezione di soldatini, i ricordi delle forze straniere, a iniziare dalle agenzie americane. L'ufficio è spoglio se non fosse proprio per le teche ancora illuminate. Addolciscono, riempiono un ufficio in realtà piccolo, lì quasi in fondo al corridoio nobile del comando generale, persino modesto per un comandante generale. Un piano dove si sono consumati scontri durissimi dietro le doppie porte. Ma è acqua passata. Speciale voleva chiudere senza incidenti, strumentalizzazioni. «Per trovare ragioni a scelte insostenibili hanno inventato giustificazioni, accampato scuse, accusato ufficiali integerrimi. Basta chiedere in Procura a Milano».
Così la domanda che si ripropone senza risposta è sempre quella. Perché quei quattro ufficiali dovevano andarsene? E in fretta? Con l'inevitabile postilla che getta altra inquietudine. Quei trasferimenti forse sono collegabili a quanto bolle nella pentola giudiziaria ambrosiana. Perché credere che siano frutto solo di lotte e invidie intestine al Corpo pare riduttivo. Persino a chi Speciale non l'ha mai amato. E lui lo ripete ancora senza indugi: «Mi difenderò da queste nefandezze». Denuncerà Padoa-Schioppa? Chiama gli avvocati? «Ma quali avvocati. Io mi difendo da solo».
gianluigi.

nuzzi@ilgiornale.it

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