Cultura e Spettacoli

Il bambino di Robertson diventa uomo per gioco

Gli affetti, la scuola, la guerra lontana e la tragedia sotto casa nel romanzo dell'autore statunitense

Il bambino di Robertson diventa uomo per gioco

Dopo quelli di Herman Marshall, Howard Amberson e Julie Sutton, ecco il quarto «ritratto» a firma Don Robertson. Lo scrittore statunitense (Cleveland, 21 marzo 1929 - 21 marzo 1999) somiglia molto ai grandi pittori fiamminghi e olandesi dei secoli d'oro, il XVI e il XVII, eccellenti sia nelle scene di genere, animate anche da decine di presenze che offrono all'osservatore lo spirito del tempo, sia nel fissare l'obiettivo sul singolo, evidenziandone la psicologia. Se nella bibliografia di Robertson la saga di Paradise Falls e la trilogia sulla Guerra civile appartengono alla prima categoria, di lunghissimo respiro nel tempo e con spazi narrativi affollati, L'uomo autentico, L'ultima stagione e Julie sono appunto approfonditi focus, rispettivamente, sulle tre persone citate, cioè due uomini anziani (con relative mogli) e una donna sfiorita ma ancora battagliera, messi davanti allo specchio (per certi versi ustore, sebbene compassionevole) di chi li ha creati. Creati e ricordati, perché l'arte di Robertson emerge dalla sottostante campitura dei fatti, e in essa la fiction serve a consolidarne la memoria.

Ecco il quarto ritratto, dunque, leggibile e visibile al pubblico italiano, come i precedenti, grazie all'editrice Nutrimenti e al traduttore Nicola Manuppelli, il Virgilio che ci guida nella commedia poco divina e molto umana del buon vecchio Don. Questa volta, in Il più grande spettacolo del mondo (pagg. 280, euro 19), incontriamo un bambino, Morris Bird III. Siamo a Cleveland nel 1942, ma come sempre accade nei romanzi di Robertson gli alberi genealogici s'intersecano in un'unica, lussureggiante foresta. «L'originale Morris Bird era stato un direttore di giornale a Paradise Falls», leggiamo infatti. Inoltre, proprio dall'immaginaria Paradise Falls è arrivata, dopo i funerali del marito, la nonna di Morris Bird III e della sua sorellina Sandra, per occuparsi di loro, visti gli impegni della mamma, impiegata, e del papà, speaker di una radio.

Nonna Elizabeth è giovanile e molto in gamba, sa essere educatrice e confidente dei nipotini e per Morris è un sicuro punto di riferimento. In particolare, gli insegna il significato di una parola: «indulgenza». Con la gente occorre essere indulgenti, capire le loro ragioni. Ulteriori concetti basilari li insegna la maestra, la signora Dallas, della quale ovviamente Morris si «innamora», pur essendo già «innamorato» di Veronica Lake, la bellissima attrice, e di una coetanea vicina di casa, Suzanne Wysocki. La signora Dallas, nelle lezioni su George Washington e sugli «altri uomini che hanno fondato questa nazione», parla dell'«onore», e della «giustizia», e dell'importanza di fare ciò che «onore» e «giustizia» ci dettano, e della conseguente «autostima», quando si porta a termine qualcosa di onorevole e giusto.

Poi c'è un altro mistero da affrontare: l'amicizia. «La differenza fra un amico e un amico del cuore era grande. Con un amico dovevi stare attento a come ti comportavi. Con un amico del cuore, no. Era semplice, e la differenza era enorme». L'amico del cuore di Morris è, come lui, un «cervello» (così li chiamano i compagni in classe, intendendo secchione), ma è anche un ciccione che rosicchia pane raffermo, che gli altri bambini evitano, prigioniero di una bontà mostruosa, patologica. Eppure, Morris capisce che se la parola «amico» ha un senso, quel senso è da cercare nell'anima di Stanley Chaloupka.

Il corso accelerato di formazione teorica alla vita, per Morris Bird III dura due anni, dal 1942, quando lui ne ha sette, a una data ben precisa che nessuno, a Cleveland e non solo lì, dimenticherà. Una data che è scritta nella storia vera della città, il 20 ottobre 1944, e che Don Robertson utilizza per inscenarvi la decisiva prova pratica di «indulgenza», «onore», «giustizia», «autostima» e «amicizia» del protagonista. Nella storia del mondo, cioè della Seconda guerra mondiale che stava per svoltare, 20 ottobre 1944 significa battaglia di Aquisgrana, e significa soprattutto la rivincita del generale Douglas A. Mac Arthur, sbarcato a Leyte, nelle Filippine. Ma per Cleveland significa soprattutto l'esplosione dei serbatoi di gas che provocarono oltre cento morti.

Eppure la giornata è incominciata bene, per il Nostro. Ha preparato tutto a puntino per andare finalmente a trovare Stanley Chaloupka, trasferitosi con i genitori in un quartiere distante da Edmunds Avenue dove sta il Nostro, e giocare di nuovo con i suoi magnifici trenini elettrici. Si tratta soltanto di ignorare il senso di colpa nel bigiare la visita al museo, l'ennesima, noiosa visita alle solite mummie che non hanno niente da dire. E anche il problema Sandra, che ha preteso di seguirlo, è stato risolto, pagando a un amico (non «del cuore», ovviamente) il prestito di un carretto su cui farla sedere.

Ed ecco che nelle ultime sessanta pagine del romanzo l'autore, con un montaggio che procede nelle ore e nei minuti prima, durante e dopo l'esplosione, alternando la linearità del percorso di Morris, seguito passo dopo passo, ai frammenti di vita di decine di personaggi, riesce magistralmente a sommare l'introspezione del protagonista alla coralità. E a regalarci il ritratto di un piccolo-grande eroe il quale, soldatino in trincea chiamato a combattere una guerra figlia del Caso, la vince. Diventando, come dice «l'uomo senza gambe» a un poliziotto, Il più grande spettacolo del mondo.

Cioè, un uomo.

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