Bruni Tedeschi: «Van Gogh mi ha fatto toccare il divino»

L'attrice ha prestato la voce al film dedicato al grande artista e ha finito di girare la pellicola sulla sua famiglia

Bruni Tedeschi: «Van Gogh mi ha fatto toccare il divino»

Cinzia Romani

Col cappottino color senape, indossato come una studentessa brava, ma timida, Valeria Bruni Tedeschi entra nella chiesa di Auvers-sur-Oise, 30 chilometri a nord di Parigi. E' qui, tra queste gelide navate gotiche che Vincent van Gogh dispiegò la sua arte, dipingendo la chiesa come non ci fosse un domani. «Terminato il lavoro, si tirò un colpo di rivoltella, una domenica di luglio, travolto come scrisse da una tristezza senza fine», spiega l'attrice e regista, che presta la sua voce di cartavetrata lisa al film documentario di Giovanni Piscaglia Van Gogh. Tra il grano e il cielo, prodotto da 3D e Nexo Digital (nei cinema da oggi all'11). «L'arte è un modo per toccare qualcosa di vicino a Dio. C'è necessità di arte come di acqua. Se la nostra anima non viene accarezzata, ci spegniamo», riflette l'artista nata a Torino ma di stanza a Parigi e che adesso anima, a Roma, il festival del cinema francese Rendez-Vous, del quale è madrina e musa, pronta a parlare di sé e del suo lavoro.

A cinquant'anni, ottanta film interpretati e un David di Donatello vinto, due anni fa, con La pazza gioia (il suo divertente discorso di ringraziamento fu virale sui social), Valeria non è più la sorella meno bella di Carla Bruni. A parte che anche lei sa essere seducente e di classe, ma ormai è soprattutto una personalità artistica quotata, in Italia e in Francia. Dove ha appena girato I villeggianti, il suo quarto film da regista. Un affresco familiare tra collere e risate, ambientato in Costa Azzurra, nella Villa Rocabella lontana dal mondo (nel cast, oltre a Valeria protagonista, Pierre Arditi, Valeria Golino, Yolande Moreau e Riccardo Scamarcio) e che probabilmente andrà al festival di Cannes. «In questo film ho mescolato attori di teatro e di cinema. E semplici amici dell'Accademia di Teatro che non lavoravano da anni e, di colpo, si son rimessi a fare gli attori. Un miscuglio prezioso, dove Valeria Golino interpreta mia sorella, poi c'è mia madre Marisa e anche mia zia». Il sorriso si fa esitante, la scaramanzia prevale, mentre la passerella sulla Croisette non è ancora confermata. «Mia sorella, invece, con me non vuole girare: gliel'ho chiesto tante volte, ma fare l'attrice non le interessa. Mia madre, al contrario, a 90 anni ha scoperto che fare l'attrice le piace. E' brava, fotogenica e precisa: d'altronde, faceva la pianista. Mi dà voglia di scrivere altri film e mi piace il rapporto che abbiamo, quando lavoriamo. Migliore di quello che abbiamo nella vita», scandisce, forse pensando a quanto ci ha messo, mamma Borini, a rivelare che sua sorella Carla non era figlia dello stesso padre di lei... Come tutti gli artisti, anche Valeria, che ha adottato due bambini, ha i suoi rituali. «A volte siedo davanti a una sedia e mi convoco. Dopo aver girato il mio primo film, E' più facile per un cammello, ho eseguito un piccolo rituale. Mi sono chiesta scusa, promettendo di fare più attenzione. Mi sono detta: Non mi sono abbastanza occupata di lei, la trovo molto brava e veramente bella...

Cresciuta tra gli agi di un'importante famiglia che, nei Settanta, lasciò l'Italia per paura dei rapimenti a scopo di riscatto, Valeria è benvoluta dal mondo del cinema perché non assume arie da snob. Anzi, a volte appare una ragazza invecchiata nel disagio con se stessa. Essere disturbata è molto importante.

Mi pare di lavorare meglio quando mi sento un po' disturbata. Non quando disturbo gli altri, ma me stessa. Sono piena di nostalgie: quando sono in Italia, della Francia; quando sono in Francia, dell'Italia. Tutto questo disturbo interiore credo sia una ricchezza».

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