Che "Mission" impossibile: mandare Vip tra i profughi

È battaglia totale tra le organizzazioni umanitarie: c'è chi approva la trasmissione di Raiuno e chi raccoglie firme per bloccarla

Che "Mission" impossibile:  mandare Vip tra i profughi

È la baruffa televisiva più grossa della stagione, divampando in rete anche con una petizione da decine di migliaia di firme. Nella bagarre sono finiti compunti signori «impegnati nel sociale» che di norma hanno poco o nulla da spartire con ciò che va in onda in prima serata. Parliamo della piccola guerra attorno a Mission che andrà in onda il 4 e 12 dicembre su Raiuno. Il programma (per qualcuno un docureality, per qualcun altro un realityshow e già dalla classificazione stilla il veleno amaro della discordia) deve portare in prima serata uno di quei temi che di norma finiscono relegati nel palinsesto notturno: la condizione dei rifugiati nei campi profughi. A dare un cappello di credibilità alla produzione due realtà tra le più gallonate del mondo della cooperazione: Intersos e Unhcr (leggasi Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). A garantire invece un adeguato successo di pubblico la presenza di alcuni vip che hanno accettato di recarsi tra i rifugiati e condividere, seppur brevemente e in modo protetto, le loro condizioni di vita tra cui Albano e le sue due figlie, Paola Barale e Emanuele Filiberto di Savoia (a fare da conduttori in studio saranno invece Michele Cucuzza e Rula Jebreal). Ma mentre ancora le candidature erano aperte è iniziato il fuoco di sbarramento politico. Prima le perplessità della presidentessa della camera Laura Boldrini, che con l'Unhcr ha lavorato e che aveva partecipato ai primi contatti per la trasmissione: «Evitare strumentalizzazioni e spettacolarizzazioni». Poi è partito un lungo braccio di ferro tra il presidente della commissione di vigilanza, il grillino Roberto Fico, che pretendeva di vedere la trasmissione prima della messa in onda - paventando «lo sfruttamento della tv del dolore» e cachet troppo alti per i vip - e il direttore di Raiuno Giancarlo Leone, fermo nel dire «le trasmissioni si valutano dopo la messa in onda non si censurano». Nel frattempo si è scatenato l'inferno.

Alcuni spezzoni sono finiti su Youtube in questi giorni e subito sono partite accuse di tutti i tipi, come quelle del sito African Voices che ha dubbi sulla veridicità delle location. Il dibattito è rimbalzato anche nel mondo delle Ong e c'è chi si è schierato da una parte o dall'altra. Ad esempio il direttore di Vita (la più importante testata sul terzo settore) Riccardo Bonacina dice a Il Giornale: «La mia impressione è quella di un prodotto ridicolo... Da quel poco che ho visto mi sembra proprio che sia come il reality La Fattoria però infilata in un villaggio africano. Si dice che è fatta per raggiungere lo spettatore medio, ma conta anche con cosa lo raggiungi... Io credo che lo spettatore medio sia meglio di così».

Sulla stessa linea Andrea Casale, lo studente di medicina di Parma che è riuscito, attraverso la piattaforma di petizioni change.org, a raccogliere 98.500 firme per bloccare la messa in onda. Numeri da record per una trasmissione non ancora vista. Numeri che lui si spiega così: «Io mi interesso per passione dei temi del sociale e mi sono subito chiesto ma la Rai non ce li ha dei giornalisti per portare avanti dei temi così? Servono i Vip che fanno finta? Ma poi ci sono anche Vip che su questi temi un'impegno l'hanno dimostrato come Baglioni o Fiorella Mannoia. Potevano rivolgersi a loro... E a quanto pare a pensarla così siamo tanti...».

Sul fronte opposto Nino Sergi che è parte in causa come presidente di Intersos: «La polemica va avanti da mesi ma su una cosa che la gente non ha visto. Questi Vip non vanno bene? Ma che diritto ho io di dire che Albano non può fare una cosa socialmente utile? Noi abbiamo sorvegliato che il messaggio trasmesso fosse corretto... Qualcuno si è persino messo a dire, guardando un minuto di filmato, che non sono veri rifugiati perché non stanno nelle tende... Ma è follia, sono persone che scappano dalle violenze in Congo e ovviamente appena possibile le aiutiamo a mettersi un tetto sulla testa... Emanuele Filiberto che li aiuta a verniciare ridicolo? Era lì, ha dato una mano, non si può usare tutto in funzione distruttiva. Io voglio che prima di giudicare la gente guardi il programma». E su questo punto gli dà ragione Marco Bertotto direttore di Agire (Agenzia Italiana Risposta alle Emergenze) un network che raggruppa alcune delle maggiori Ong. «I giudizi a priori non mi piacciono mai. È chiaro che non voglio vedere, che so', L'isola dei famosi applicata ad un campo profughi. Però non ci si può lamentare sempre che di questi temi non si parla in prima serata e poi passare immediatamente al processo preventivo... C'è chi in buona fede preoccupato per la sensibilità del tema.

Ma c'è chi è accecato dall'autoreferenzialità, con arroganza pensa “io lavoro nel sociale, non mi va che poi spunti Albano...”». Albano che per altro ha risposto così: «Parlano, parlano, e poi la sera se ne vanno tranquilli a mangiare una bella pizza... Vengano con me nel campo profughi dove sono stato io...».

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