Cultura e Spettacoli

Com'è avara l'Europa vista da Pound

Escono gli scritti scelti del poeta. Ormai sdoganato anche da un filosofo come Agamben

Com'è avara l'Europa vista da Pound

Dalla gabbia di Pisa, in attesa di una non improbabile condanna a morte, Ezra Pound si definiva una «formica solitaria di un formicaio distrutto». A distanza di settant'anni, il formicaio è ancora ridotto in macerie, ma la formica non è più solitaria. Lo dimostra il crescente interesse per la sua vita e le sue opere, interesse che sembra affiancato da una cauta riammissione nel salotto buono delle lettere. Lo prova anche la pubblicazione in lingua italiana di un volume fondamentale della bibliografia poundiana, Dal naufragio di Europa (Neri Pozza, pagg. 654, euro 28), traduzione di quella formidabile antologia intitolata Selected Prose 1909-1965, la cui edizione originale, tra l'altro, manca da più di quarant'anni sul mercato editoriale in lingua inglese. Pubblicata nel 1973 a cura del generoso William Cookson, che spese tutta la vita a promuovere la grande letteratura con la sua rivista Agenda, questa raccolta di Scritti scelti 1909-1965 - come recita correttamente il sottotitolo - può essere considerata la vera summa del pensiero poundiano. Autorizzata, tra l'altro, dall'Autore che redasse una breve ma efficace nota introduttiva, è probabilmente l'ultimo scritto di Pound, che qui chiarisce come «Riguardo all'USURA: ero fuori strada, scambiando il sintomo per la causa: la causa è l'avarizia». Da un concetto astratto, che aveva animato tutta la sua opera nel tentativo di correggere il male del mondo, l'autore dei Cantos si concentra, alla fine, su un vizio concreto, che è la causa del male nell'uomo.

Per meglio comprendere il vero significato di questo peccato originale, bisogna affrontare senza timori reverenziali, e soprattutto senza preoccuparsi di seguirne necessariamente l'ordine, le fitte pagine di questo volume, divise per argomenti e ordinate, come sottolinea Cookson, allo scopo di «restituire l'unità della visione di Ezra Pound e l'integrità dei suoi interessi, per liberarsi dell'idea che nella sua opera ci sia una frattura di fondo». Già, perché, contrariamente a quanto potrebbe sembrare dalla apparente disorganicità e dalla talvolta eccessiva eterogeneità, il corpus poundiano è di una sorprendente unità.

Purtroppo, la crisi, anzi, la frattura della modernità non permette che una ricostruzione inevitabilmente frammentaria, come sottolinea Giorgio Agamben nella nota introduttiva, perché frammentato è il mondo del Novecento, e i poeti, oltre che i primi a rendersene conto, sono gli unici che possono tentare una reazione. Non i preti, perché Dio è morto, non i filosofi, perché la Ragione è insufficiente, non gli scienziati, perché la Tecnica è incontrollabile: il gravoso compito spetta quindi ai custodi della Parola, i poeti, che sono preposti alla trasmissione di ciò che vi è di più prezioso, la lingua e i sensi. Si può quindi capire, e questo volume ci accompagna tanto alla comprensione quanto al perdono di alcune intemperanze solo verbali, la violenta reazione di Pound alla mercificazione dell'arte e al cancro immondo dell'usura, che tutto riduce a un prezzo e a una possibilità di guadagno. La vita è altro: il Tempio è sacro perché non è in vendita, e al poeta spetta l'ingrato compito di «raccogliere le membra di Osiride», come recita il titolo dello scritto scelto da Pound come introduzione al volume.

Al capitolo di apertura seguono le sezioni dedicate a «Religione», «Confucio e Mencio», «Patria mia», «America», «Civiltà», «Denaro e storia», «L'arte della poesia», per concludere con una galleria dedicata ai «Contemporanei». Se i nomi di alcuni personaggi magari, oggi, suonano dimenticati o affatto sconosciuti, quasi tutti i temi trattati sono di bruciante attualità. Profetico, ad esempio, l'interesse per la Cina, che se un secolo fa sembrava una civiltà saccheggiata dal peggior colonialismo, oggi è una superpotenza in gara per il dominio del mondo. Attualissime, poi, sono le considerazioni sulla decadenza culturale dei Presidenti degli Stati uniti, che un tempo, come risulta dalla corrispondenza tra Jefferson e Adams, erano innanzitutto membri dell'élite culturale della loro epoca, mentre già cent'anni fa risultavano piccole pedine di quello che si sarebbe poi chiamato il complesso militar-industriale. Non parliamo, inoltre, della lungimiranza di Pound sulle cause della crisi economica che nel 1929 avrebbe schiantato il Nuovo mondo e quindici anni dopo avrebbe ridotto in macerie il Vecchio continente. Per sua fortuna, a Pound è stato risparmiato il desolante panorama attuale del mondo globalizzato, ovvero totalmente vampirizzato dall'economia finanziaria, desertificato dalla speculazione e reso sterile dall'idolatria del politicamente corretto.

Come già detto, l'edizione italiana è eccellente, anche se, a voler essere pignoli, presenta due piccole mancanze: non c'è l'indice dei nomi, che nell'edizione originale è un prezioso ausilio per il lettore esigente e curioso, e manca una pur minima bibliografia italiana, dove si scoprirebbe, oltre all'esistenza di molte versioni critiche dei testi poundiani qui raccolti, anche la disponibilità di recenti traduzioni di tanti autori cari a Pound e qui citati, come ad esempio Del Mar, Douglas, Gesell e Orage.

Commenti