Passeggiando sulle rive del lago che costeggia il suggestivo Castello di Birini, a un'ora e mezza da Riga, in Lettonia, non si direbbe che l'Europa stia vivendo uno dei momenti culturalmente e politicamente più difficili degli ultimi anni. Circondato da una fitta foresta e immerso nella campagna lettone, è il luogo ideale per ritirarsi a riflettere e discutere sul futuro dell'Europa. Non è un caso che il think tank conservatore «Center for European Renewal» - nato nel 2007 riprendendo l'esperienza di prestigiose realtà americane come l'Isi Institute e la Philadelphia Society - abbia scelto questa sede per la tredicesima edizione del Vanenburg Meeting, un incontro annuale con le principali voci del panorama conservatore europeo, scrittori, giornalisti, pensatori e intellettuali provenienti da tutto il continente.
Eppure, i continui scontri tra gli Stati membri, le difficoltà a gestire i flussi migratori, le divergenze sui temi economici, mettono a dura prova la tenuta dell'Unione Europea. Le elezioni del prossimo anno saranno un importante banco di prova per l'Ue e al Vanenburg meeting ci si interroga sul probabile successo dei partiti populisti che sancirebbe il definitivo fallimento dell'establishment progressista.
Colpisce la scarsa presenza di pensatori italiani, segno del lavoro che è necessario svolgere nel nostro paese per la diffusione del pensiero conservatore. Eppure l'interesse per il panorama politico italiano è elevato e viene spiegato da Marco Respinti (tra i fondatori dei Vanenburg meeting) con una lucida analisi sulla nostra situazione politica e da Riccardo Gotti Tedeschi, brillante avvocato e animatore di iniziative culturali e riflessioni di area Cattolica, oltre a Kishore Jabalayan, presidente dell'«Acton Institute» di Roma.
Tra le sale del castello si respira vivacità intellettuale e fermento culturale ma al tempo stesso preoccupazione per il futuro della società europea con le sue tradizioni, i valori millenari e le usanze dei singoli popoli che appaiono sempre più in pericolo. Gli intellettuali conservatori si interrogano su come affrontare le problematiche dei nostri tempi contrastando la visione promossa dal pensiero progressista e opponendovi un'Europa che non ha le sue radici nel pensiero illuminista e razionalista ma nella cultura classica e cristiana con Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino e in epoca moderna con le Riflessioni sulla rivoluzione francese di Edmund Burke, un'opera che in Italia continua ad essere sottostimata e poco conosciuta.
Proprio dalla negazione del pensiero cristiano - pur con le differenze tra cattolici e protestanti che si esplicitano in una diverso approccio alle tematiche sociali e che divide i paesi del nord Europa dalle nazioni latine - si originano parte dei problemi dell'Ue uniti alla crisi della democrazia liberale come siamo stati abituati a concepirla fino a oggi.
La crisi del liberalismo nasce dall'abbandono delle idee alla base del liberalismo classico per avvallare una deriva liberal democratica che, in nome di una fantomatica libertà individuale, ha accettato posizioni utopistiche per costruire una società lontana dal comune sentire dei popoli europei. Perciò occorrono «vecchie idee per nuovi problemi» affrontando con lucidità e profondità le principali questioni della nostra epoca, dal rapporto con l'Islam al ruolo del populismo, dal cosmopolitismo alla Brexit, temi su cui si è sviluppato il programma coordinato dall'olandese Diederik Boomsma, segretario della «Vanenburg society».
La posizione dei conservatori è chiara e ben definita: esiste un'altra Europa che fa sentire la propria voce culturalmente e attraverso lo stile di vita, le consuetudini, gli usi e costumi dei popoli ma che necessita di una rappresentanza politica in grado di farsi promotrice dei valori e dei temi che accomunano la «vera Europa».
Punto di partenza di questa visione è la dichiarazione di Parigi, un documento sottoscritto lo scorso anno da alcuni dei più importanti pensatori conservatori europei (colpisce la mancanza di un italiano) tra cui molti appartenenti alla «Vanenburg Society». Tra i firmatari dell'appello Un'Europa in cui possiamo credere, spiccano lo scrittore inglese Roger Scruton, i filosofi Lánczi András, Rémi Brague e Robert Spaemann e i politologi Dalmazio Negro Pavón e Pierre Manent.
Le forze politiche liberali, conservatrici e sovraniste europee non devono cadere in una retorica aprioristicamente antieuropeista e, anche a livello politico, si deve far vita a un'Ue diversa che sia una comunità di nazioni e non un'unione imposta o forzata. Un'Europa fondata sulle radici cristiane e classiche e non su l'individualismo sempre più diffuso e un impraticabile multiculturalismo. Per farlo è necessario superare l'arroganza dell'attuale establishment attraverso statisti responsabili in grado di rinnovare le Unità nazionali e la solidarietà, ripristinando la cultura morale.
L'alternativa responsabile «alla solidarietà artificiale e senz'anima di un mercato unificato, di una burocrazia transnazionale e di un intrattenimento dozzinale» è la vera Europa in cui l'istruzione (riformando i programmi scolastici per trasmettere la nostra cultura comune) e la famiglia sono la base della società. Ognuno di noi si deve assumere la propria responsabilità «per respingere le fantasie utopistiche di un mondo multiculturale senza frontiere» e realizzare un'Europa delle nazioni in cui ripristinare la sovranità nazionale e recuperare la dignità di una responsabilità politica condivisa per il futuro dell'Europa.
Dal Vanenburg meeting emerge con chiarezza l'esistenza di un'élite conservatrice europea in grado di produrre un pensiero di elevato spessore culturale e di affrontare i principali temi dell'attualità con una prospettiva
differente da quella dominante nell'establishment che controlla le politiche dell'Unione europea. La strada è tracciata, sapranno le forze politiche farsi portatrici di un autentico pensiero conservatore italiano ed europeo?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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