«La corrispondenza» indaga il rapporto tra tecnologia e amore

Cinzia RomaniTra il bosone di Higgis e una supernova, c'è La corrispondenza (da giovedì nelle sale) di Giuseppe Tornatore a risvegliare sogni d'evoluzione umana, mentre le stelle luccicano lontane. Al suo terzo film girato in inglese, con Jeremy Irons nei panni di un elusivo astrofisico e la bella Olga Kurylenko in quelli della sua amante studentessa, l'autore di Nuovo Cinema Paradiso (Oscar 1988) vola alto. E affronta molti temi, in un misterioso racconto girato tra Edimburgo e il Trentino, laddove l'assenza che si fa più acuta presenza, diventa il perno intorno al quale gira una vicenda antica e moderna al tempo stesso. Se si pensa ad Enea che, nella discesa all'Ade, abbraccia l'ombra della madre, cercandola viva, subito la più moderna tecnologia qui sfrutta computer e telefonini per evocare l'ombra di chi più non c'è. Perché stavolta c'è un lui e una lei che si cercano anche oltre le proprie fisicità, al di là della materia: da morte, le stelle irradiano ancora una luce abbagliante «La tecnologia dà molto, ma toglie sempre. Non sono agile con le applicazioni tecnologiche, ma non escludo che un giorno prenderemo una pasticca e, chiudendo gli occhi, vedremo i film. Però la più grande tecnologia resta l'essere umano, con la sua testa», dice Tornatore, felice per l'amico Morricone, al terzo Golden Globe («quando sono giù, telefono a quest'uomo di 87 anni, che ancora fa tante cose») e per il successo di Zalone («gli voglio bene perché la smetteranno di chiedermi della crisi del cinema»).Per Jeremy Irons, 67 anni di fascino intonso, Oscar per Il mistero von Bulow (1990), confrontarsi con il timore della morte è naturale.

«Sono rimasto in contatto con tutte le persone che ho conosciuto e amato nella mia vita: per chi ti ricorda, tu rimani con loro. Eppure, durante la vita ce ne sarebbero di persone da dimenticare», riflette l'attore, dividendosi tra blockbuster come Batman vs. Superman e film intimisti come quello interpretato per Peppuccio.

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