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Costello, Smith & C. l'autobiografia tocca le note giuste

Mai come oggi va di moda raccontare la musica. In un volume di 800 pagine le avventure dell'Elvis inglese. Morricone si svela in un'intervista lunghissima

Costello, Smith & C. l'autobiografia tocca le note giuste

Il rock, o perlomeno la musica moderna, è una miscela altamente infiammabile di creatività e commercio. Le star sono in cima al mondo e il pubblico non vuol conoscere soltanto le canzoni, ma anche la loro vita nei più piccoli particolari. Un fenomeno che ai nostri tempi assume le dimensioni di una vera moda è quello dell'autobiografia, in cui il «re» si mette nudo davanti ai fan raccontando la propria grandezza, ma anche e soprattutto le proprie miserie e nefandezze. Guide esegetiche o autocelebrazioni (spesso) pruriginose? Un po' entrambe le cose, comunque le autobiografie delle star funzionano di brutto, come dimostra la classica Chronicles di Bob Dylan (una delle più lodate da pubblico e critica) o la recente Life dell'ancora pestifero Keith Richards. Addirittura si sprecano, e sul mercato si può trovare persino la storia di Peter Steele dei Type O Negative, ma tra i libri più intriganti del momento ci sono quelli di Elvis Costello, Patti Smith e del nostro Ennio Morricone.

«Mi trovavo nel fetido e lercio camerino di un locale, in uno scantinato in Charing Cross Road, a un certo punto del 1975. A fatica avevamo portato a termine la prima parte di un concerto, di fronte a un pubblico scarso e distratto. Eravamo in pausa fingendo di goderci una bottiglia di birra calda. Almeno, così ci era stato detto facevano i veri musicisti». Così racconta i suoi esordi Elvis Costello nelle 872 pagine del suo ponderoso volume dallo strano titolo (ma cosa non è strano quando si parla di Costello?) Musica infedele & inchiostro simpatico (Baldini & Castoldi) prima di diventare uno dei personaggi più celebrati e poliedrici del music business. Dalla new wave più energetica è passato al jazz e al repertorio di George Gershwin, con la benedizione del fratello Ira, senza perdere la sua inventiva e il suo spirito rock. Il libro è una miniera di aneddoti, dalle prime collaborazioni con Paul McCartney (i concerti benefici alla Royal Albert Hall dedicati alla moglie Linda) ai concerti a fianco dei Clash, dove scoppiavano risse gigantesche e Costello era talmente ubriaco di birra e Pernod «da non riuscire né a contare né a stare in piedi». Un'epopea in cui Joe Strummer, il leader dei Clash, si lanciava dal palco in mezzo al pubblico, che si apriva come il Mar Rosso lasciandolo schiantare sul pavimento di cemento. Costello lo ammette: prendeva spunto ovunque... Per creare Oliver's Army, un successo da disco d'oro che venne cantato anche allo stadio dai fan del Liverpool, arrangiò la parte del pianoforte ispirandosi a una melodia degli Abba. Tra le sue maggiori fonti di ispirazione - oltre ai libri di Shaw, Yeats e Oscar Wilde che divorava da ragazzino - c'è il papà cantante, il quale interpretava i grandi successi nella popolare orchestra di Joe Loss e gli fece scoprire Please Please Me dei Beatles mentre si allenava a cantarla in casa seguendo il disco, e persino - per gli atteggiamenti scenici - il mitico wrestler Mick McManus che, guarda caso, si chiamava come lui. (Il vero nome di Costello è infatti Declan MacManus).

È la poetessa del rock ma si è presa lunghi periodi di vacanza dalla musica. Abbuffandosi di sigarette e caffè (e additivi vari) Patti Smith ha raccontato la propria vita nel fortunato Just Kids (premiato con il National Book Award) e ora è di nuovo in libreria con M Train (Bompiani) storia dei suoi avventurosi viaggi. Una vita da intellettuale curiosa che l'ha portata a Tangeri a intervistare Paul Bowles, l'autore di Il tè nel deserto, e a partecipare a una conferenza in onore degli scrittori beat che un tempo ne fecero la loro meta preferita. I percorsi alla ricerca della tomba di Mishima dove «avevo spazzato via foglie morte e cenere, riempito d'acqua secchi di legno e lavato la lapide, sistemato fiori freschi e bruciato incenso. Poi ero rimasta lì in silenzio. Andando via mi è stata regalata la scopa di paglia che avevo usato per spazzare la tomba». Lì a fianco due anziane vestite in abito tradizionale hanno scambiato qualche parola con l'interprete. «Sembravano felici della mia opera», disse Patti. «Non esattamente - rise l'interprete -; erano amiche della moglie. Anche lei sepolta qua. Non hanno nemmeno nominato lui».

Imperdibile, per i cultori del personaggio, l'intervista-racconto che Ennio Morricone ha concesso a Alessandro De Rosa nelle quasi 500 pagine di Inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita (Mondadori). Parla in diretta, il venerando neo premio Oscar, svelando tutti i suoi segreti, compresa la sua passione per Miles Davis e i suoi esordi nel cinema americano con Gli avvoltoi hanno fame di Don Siegel con Shirley MacLaine e Clint Eastwood. «Siegel - ricorda Morricone - era di poche parole e non offriva il genere di confronto che io stavo cercando; sembrava che gli andasse tutto bene, anche le musiche». Il Maestro si recò per la prima volta in America fra il '76 e il '77 per il tema di L'esorcista 2. L'eretico e narra anche i suoi scontri con Dino De Laurentiis: «Mi propose di trasferirmi in Usa e mi offrì una villa gratis, ma non gli diedi credito. Non ci siamo mai presi molto, e questo sia per ragioni caratteriali, sia perché più volte mi offrì film che puntualmente in un secondo momento dava ad altri». Intanto esce oggi Punk Rock Blitzkrieg. La mia vita nei Ramones, del batterista Marky Ramone.

Ci sono poi i cantanti che si mettono in gioco come narratori.

Soprattutto i cantautori italiani; Francesco Guccini si è ritirato dalla musica, fa lo scrittore a tempo pieno e ha appena pubblicato La biblioteca desiderata (Henry Beyle). Avvezzo da tempo alla scrittura è il prof Vecchioni, che ha appena pubblicato i racconti La vita che si ama. Storie di felicità (Einaudi) mentre Ligabue è uscito con Scusate il disordine (Einaudi).

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