Cultura e Spettacoli

E Roma fu invasa dagli orsi di Buzzati

Il disegnatore-regista Mattotti: «I temi sono universali ma l'immaginario è italiano»

E Roma fu invasa dagli orsi di Buzzati

Cinzia Romani

da Roma

«Dino Buzzati ha sempre influenzato il mio lavoro, sia per i racconti, con quella capacità visionaria di creare dei misteri e sia per i suoi quadri, le sue immagini. Nel 1971 egli aveva anche creato una storia a fumetti. Così, quando la produttrice Valérie Schermann mi ha chiesto quale lungometraggio avrei voluto fare, le ho proposto subito questo romanzo e lei se ne è innamorata», spiega Lorenzo Mattotti. Il noto disegnatore e fumettista, di stanza a Parigi, è alla 14esima Festa di Roma per presentare il suo primo film da regista, La famosa invasione degli orsi in Sicilia, nella sezione autonoma e parallela «Alice». Tratto dall'omonimo romanzo illustrato di Dino Buzzati, scritto nel 1945 e pubblicato a puntate sul Corriere dei Piccoli, ora edito da Mondadori, il delizioso lungometraggio sarà in sala dal 7 novembre, per la gioia di adulti e juniores. Come richiamo, diciamo per la massa, vale un cast di voci illustri: Toni Servillo presta i suoi timbri vocali al Grande Re degli Orsi, Leonzio, mentre Antonio Albanese doppia Gedeone.

La storia del film è la stessa del romanzo, con qualche differenza: nel tentativo di ritrovare il figlio, perduto da molto tempo, e di sopravvivere alla durezza di un inverno difficile, Leonzio decide di condurre il suo popolo dalle montagne fino alla pianura, dove vivono gli esseri umani. Grazie all'esercito e all'aiuto di un mago, riuscirà a sconfiggere il malvagio Granduca a trovare, finalmente, il figlio Tonio. Ben presto, però, Re Leonzio si renderà conto che gli orsi non sono fatti per vivere nella terra degli uomini. Quanto di più attuale, mentre le recenti vicende di ardua convivenza tra uomini e orsi prendono la ribalta con le storie di Daniza, M4 e KJ2, gli «orsi problematici» che l'essere umano non lascia in pace e decide di far fuori, non capendo le loro dinamiche.

«Ma che importa se l'orso scomparisse dalle Alpi? È un po' come chiedere perché sarebbe un guaio se il Cenacolo di Leonardo andasse in polvere. Sarebbe un incanto spezzato senza rimedio, una nuova sconfitta della già mortificatissima natura», scriveva Buzzati sul Corriere della Sera, il 27 giugno del 1948. Una profezia che si è avverata, mentre le diaboliche città si allargano, a dispetto di ogni angolo di bosco.

Purtroppo, Buzzati non viene più letto (o poco) dalle giovani generazioni, restìe ai libri tout court, e adesso si spera che tale suo classico possa avere un rilancio, grazie al film di Mattotti, ieri impegnato in una masterclass con gli studenti. «La forza di questa favola è che parla di cose universali. Essendo un disegnatore, ci ho visto la grande capacità di creare mondi immaginari, lavorando sulle nostre tradizioni. Mettere in scena un lavoro che è nelle nostre radici: è questo che mi affascina. Dare l'impressione che esiste un immaginario diverso da quello americano, o giapponese», sottolinea Mattotti, che conosceva l'opera di Buzzati, a partire da Poema a fumetti. Anche se La famosa invasione degli orsi in Sicilia è una fiaba per bambini, emerge un riferimento alla guerra e alla dittatura. «Buzzati ha iniziato a scriverlo per il Corriere dei Piccoli: ne usciva un capitolo alla volta, come un romanzo a puntate. A un certo punto, egli ha disegnato una città ed è stato censurato: assomigliava troppo a Berlino. Gli hanno chiesto di modificarla. Le domande, qui, sono molte. Gli orsi simboleggiano i comunisti? I Russi?», si chiede Mattotti, attratto dall'espressionismo e dal simbolismo metafisico e interessato alla stilizzazione delle cose.

Qui, infatti, crea un codice generale del mondo degli orsi, minacciati dal dominio dell'uomo, ormai prigioniero di se stesso.

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