Insomma tutto come previsto. Il disco dei Pink Floyd atteso da vent'anni è un disco senza tempo. Quattro parti. Cinquantacinque minuti di musica. Un solo brano cantato (il singolo Louder than words , con testo scritto dalla moglie di Gilmour, Polly Samson). L'atmosfera è quella di una enorme, dilatata jam session alla maniera di questa band che, pure quando improvvisava negli studi sul Tamigi, era di una precisione chirurgica e quasi metafisica. Oddio, niente che cambi la storia della musica leggera più di quanto abbiano già fatto altri brani dei Pink Floyd.
The Endless river piacerà soprattutto a chi, ogni qualvolta entra in questo mondo, sente il richiamo della propria gioventù o di quell'istinto delicatamente progressive che ha fatto dei Pink Floyd qualcosa di realmente inimitabile. Anche per questo quest'oretta di musica è uno spiffero di virtuosismo intellettuale che muove l'aria stantia di tanto rock e conferma che da troppo tempo non si inventa nulla che abbia altrettanto peso specifico.
Certo, The endless river è un tributo soprattutto alla capacità eclettica di Rick Wright, che è stato il tastierista più prezioso del rock anni Settanta e Ottanta: fondamentale ma mai protagonista, intuitivo ma non megalomane. In questo flusso continuo di musica che è sostanzialmente il suo testamento (sono brani registrati durante la creazione di The division bell), è il deus ex machina, riempie quasi tutti gli spazi vuoti e lascia soltanto qualche libertà alla chitarra di Gilmour che ha la fortuna di essere inconfondibile.
E se Nick Mason (intervistato in esclusiva da Luca Dondoni per Rtl 102.5) qualche tempo fa ha ammesso che nel futuro dei Pink Floyd non è escluso nulla, forse è meglio sperare che questo sia il sigillo finale di una epopea che ha aiutato il rock a diventare maggiorenne.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.