James Blunt le canta su Twitter: "Uso l'ironia contro gli insulti"

Ex capitano in Kosovo, ora è una delle popstar più famose ma vive isolato a Ibiza. "Il web libera il rancore della gente. E io rispondo a tutti per le rime. Sorridendo"

James Blunt le canta su Twitter: "Uso l'ironia contro gli insulti"

Poi all'improvviso sgrana gli occhioni blu e dice: «Io in crisi? Per carità, mai stato meglio». James Blunt è minuto e piccolino e manco lo diresti che nel 1999 sia stato il primo ufficiale a entrare a Pristina in Kosovo all'avanguardia del contingente Nato. Ora che ha quasi quarant'anni, al posto della divisa indossa una tshirt da ragazzino e sfoggia la barba di tre giorni, ride in continuazione e non se la tira da divo, anzi: sabato durante le prove ad Amici si posizionava i monitor neppure fosse un debuttante ansioso. Il suo ultimo disco Moon landing festeggia (bene) i dieci anni di carriera e lo conferma come una delle (poche) popstar europee a farsi riconoscere anche in America, dove i suoi singoloni malinconici scorrazzano per le radio senza limiti di velocità. Per molti, è l'apoteosi del pop più melenso e volatile. Per altri (a giudicare dalle vendite, sono la maggioranza) è uno di quei cantautori che stanno tra color che son sospesi in bilico tra tentazioni da classifica e cupa introspezione. Lui, che all'apparenza è più sereno di un monaco tibetano, spiega senza troppi giri di parole che «la mia carriera va avanti tra alti e bassi e senz'altro mai più sarò “huge” (enorme - ndr) come ai tempi di You're beautiful del 2004. Allora ero sconosciuto, ora non sono più una sorpresa. Ma non ho confini: ad esempio nel 2009 ho duettato con Laura Pausini in Primavera in anticipo, lei mi è piaciuta moltissimo e quindi se ci venisse in mente, perché non fare il bis?».

Nel frattempo se la gode e non conta solo la sua propensione per le top model (dopo Petra Nemcova anche Sofia Wellesley, entrambe già ex). È nato figlio di un colonnello della British Army Air Corps a Tidworth, un paesone del Wiltshire in Inghilterra, ma ora vive placido a Ibiza in un villone da due milioni e mezzo di euro e tiene le porte aperte a tutti: «I miei amici entrano ed escono a tutte le ore. Mi piace avere un bel rapporto con tutti, specialmente con chi conosce la mia musica: non è un caso che tre musicisti della mia band si siano sposati con tre ragazze del mio pubblico». Forse per questo, a prescindere dai quasi quaranta milioni di copie vendute tra cd e singoli, il minuscolo James Blunt (che canterà al Forum il 18 marzo) ha inaugurato un nuovo tipo di dialogo con i fan o presunti tali: su Twitter risponde a tanti, specialmente a chi lo insulta di brutto. E usa l'ironia, ossia l'arma perfetta per disinnescare qualsiasi offesa. «Ad esempio, a uno che mi ha usato un gioco di parole tipicamente inglese come “James Blunt is a cunt” (Blunt è uno str... - ndr), ho risposto che la sua rima mi sembrava degna di un poeta. E ho iniziato a seguirlo su Twitter, facendolo di fatto entrare nella mia comunità di amici che sono più di quattrocentomila. E più sono aggressivi, più li seguo. In fondo, con le persone che non conosco sono molto educato e formale. Ma con i miei amici posso dire ciò che voglio e quindi...». E difatti mezzo mondo ha parlato sorridendo delle sue risposte, diciamo così, amichevoli.
Un tipino, questo Blunt.

Il suo ultimo disco è un diario personale e talvolta persino intimo, la sua vita è un tourbillon di mondanità. In Gran Bretagna qualcuno lo definisce il nuovo Elton John, un complimentone, ma la risposta è tranchant: «Se fossi in lui, farei gli scongiuri e direi vaffa. Elton mi ha aiutato molto, è un grande artista ma è ancora vivo e vegeto e non ha bisogno di eredi». E a metà dicembre ha cantato alla Spectrum Arena di Oslo per la consegna del Nobel per la Pace all'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche: «Sono stato un militare in guerra e so che l'eredità della guerra, di tutte le guerre, è devastante: forse per questo mi hanno scelto come testimonial». In realtà, modestamente parlando di musica, lui è testimonal anche di un cantautorato lieve, che ha radici negli anni Settanta e oggi suona assai distante dal mainstream: «A me piacciono musicisti come Tom Odell e non sopporto l'abuso di elettronica. Quando ero un ragazzino, i film ambientati nel futuro avevano colonne sonore piene di effetti e io mi dicevo: figurati se nel Duemila ci sarà questo schifo di musica.

Invece è proprio così, in radio si ascolta tanta roba industriale che non ha personalità ed è richiusa su se stessa». Lui, dopotutto, è rimasto un artigiano che tiene ancora le porte di casa aperte per ascoltare le voci che girano intorno.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica