L'ora fatale e la conversione di Mussolini

I fatti storici sembrano confermare il travagliato avvicinamento alla fede del Duce

L'ora fatale e la conversione di Mussolini

A pagina 211 sono riprodotte poche righe del testamento del Duce. È un biglietto autografo indirizzato da Mussolini alla sorella Edvige il 31 agosto 1943. La parte significativa, evidenziata dalla sottolineatura, dice: «Nato cattolico apostolico romano, tale intendo morire. Non voglio funerali e onori funebri di nessuna specie. Benito». Singolarmente è uguale all'incipit del testamento di Napoleone, che però morì nel suo letto dopo ben altra carriera.Il libro che contiene la pagina citata è La conversione religiosa di Benito Mussolini di Ennio Innocenti (Fede&Cultura, pagg. 350, euro 18). L'opera, molto dettagliata, non tralascia alcun aspetto della ricerca storica sul tema. L'autore ricorda anche un suo scambio di corrispondenza con De Felice, il quale annotò che Mussolini, nei giorni in cui doveva prendere importantissime decisioni, chiese alla moglie Rachele di mandargli i suoi libri.

E lei spedì il volume che lui teneva aperto sul comodino. Il che significa che lui, prima di addormentarsi, leggeva quello. De Felice, storico liberal-illuminista, non diede molto peso alla cosa. Ma Innocenti fa notare che forse doveva. Quel livre de chevet infatti era La vita di Gesù Cristo dell'abate Giuseppe Ricciotti, ottocento pagine di analisi storico-scientifica uscite nel 1941. Il Duce, insonne per le sorti sue e della Patria in quei giorni fatali, anziché concentrarsi sui problemi dell'ora presente si appassionava alla vicenda del Dio incarnato? Incomprensibile per uno di mente laica, ma non tanto se si pensa che la conversione di Mussolini, avvenuta non in articulo mortis (cioè, di fronte ai mitra spianati e quando tutto era perduto) ma frutto di un processo graduale, fu oggetto di diversi altri scritti. Uno di questi è una testimonianza di prima mano, Ho confessato il Duce, scritta nel 1945 da fra Ginepro da Pompeiana (al secolo Antonio Conio) ma uscita solo nel 1973 (undici anni dopo la morte dell'autore).

Mussolini si confessò sacramentalmente anche con don Giuseppe Chiot dopo la fucilazione di Ciano, ma anche questa storia si riseppe solo dopo la morte del confessore.L'anticlericale mangiapreti che «dimostrava» la non esistenza di Dio col fatto che non l'aveva mai fulminato, che distruggeva madonne e orinava nei tabernacoli, a quanto pare rimuginò a lungo, via via, un tema che non era certo secondario, fino ad accorgersi, in tempi non sospetti, che forse era l'unico da prendere maledettamente sul serio. Non è raro il caso di gente che, dopo aver dato il corpo al diavolo in gioventù, dà l'anima a Dio nella maturità o in vecchiaia. Perciò, non c'è da stupirsi che Mussolini si sia convertito dopo lunga e ponderata riflessione. Ciò dimostra che era meno fanatico degli altri grandi dittatori del XX secolo. Hitler fanatico lo era di sicuro. Stalin forse era solo furbo.

Mussolini, di pasta diversa, ci si presenta pensoso e tormentato. Chissà, forse avrà messo insieme, oltre allo studio e alla cogitazione, tanti particolari che la grande storiografia trascura ma un uomo di carne no. Per esempio, la lettera che la mistica calabrese Elena Aiello gli fece recapitare il 23 aprile 1940 tramite la sorella Edvige. La suora, poi beatificata, lo scongiurava di tenere l'Italia fuori dalla guerra. Ma non perché così usa fare da parte dei religiosi. No, madre Aiello era semianalfabeta e poco sapeva di quel che accadeva al di là dei suoi orfanotrofi. Ma glielo aveva ordinato Gesù in persona. Il quale aveva anche detto che cosa sarebbe successo se il Duce non Gli avesse dato retta...Come sappiamo, l'orologio della storia batté l'ora funesta.

Certo, in quel supremo momento di decisioni irrevocabili uno statista non poteva tener conto, anche, delle visioni di una monaca di provincia. Solo che, man mano che le cose si andavano mettendo come gli era stato profetizzato, uno come lui non poteva non restarne colpito. Da qui, forse, quel suo scrutare notturno il libro di Ricciotti.

E la decisione di regolarizzare in chiesa il suo matrimonio.L'autore, Ennio Innocenti, è un prete provvisto di curriculum pubblicistico (nonché di archivio documentale) di tutto rispetto. E molti dei personaggi di cui parla li ha personalmente conosciuti.

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