"Macché commediole Voglio fare il Monicelli"

Il suo film "Quo vado?" sbarca nelle sale il 1º gennaio ma è già un evento Posti esauriti alla proiezioni notturne L'attore: «Punto al salto di qualità»

"Macché commediole Voglio fare il Monicelli"

Alza l'asticella, Checco Zalone. Non solo perché il suo quarto film Quo vado?, diretto da Gennaro Nunziante, sbarcherà in 1.300 sale dal 1º gennaio e in certi circuiti sono esaurite le prevendite per le proiezioni di mezzanotte e mezza e delle due e mezza Capodanno con Checco, insomma, è già un successo -, ma anche perché il comico barese classe 1977 stavolta guarda alla grande commedia all'italiana dei Sessanta. Un'eco di Risi&Monicelli, dunque, ma senza cinismo e con un finale che rischia di apparire buonista. Dopo gli incassi record di Cado dalle nubi (14 milioni nel 2009), Che bella giornata (43 milioni nel 2011) e gli oltre 52 milioni di Sole a catinelle, nel 2013 il più alto incasso della storia per un film italiano, Luca Medici (vero nome dell'attore) è in ansia per il suo film più politico. Prendendo in giro gli italiani che hanno il mito del posto fisso, infatti, l'artista fotografa quel che ha intorno. E scatta clic poco teneri dalla Val di Susa a Lampedusa, dalla Calabria al Polo Nord il suo Checco, che lavora all'ufficio Caccia e Pesca della Provincia, tra caffettini e fagiolini capati in ufficio, ha un'eterna fidanzata e vive a casa dei genitori. Finché arriva la riforma della Pubblica amministrazione e l'adorato posto fisso periclita: la spietata dirigente Sironi (una brava Sonia Bergamasco che fa il verso a Franca Valeri), pur di costringerlo a mollare la scrivania, lo trasferirà ovunque, lontano da casa...Caro Checco Zalone, ha fatto un salto di qualità?«In termini di budget, sicuramente. Questo è un film complicato, con molte ricostruzioni, girato tra il Polo Nord e l'Africa. L'idea di ritrarre la Puglia con le sue masserie ci angustiava, così abbiamo cercato la Norvegia. Ci abbiamo messo passione e amore. Senza voler citare Sonego, o Monicelli, che erano di un altro livello, comunque io tendo verso quel cinema lì».Nel film, per la prima volta va all'estero, addirittura al Polo Nord...«Senza gli splendidi ragazzi della base artica del CNR, ricercatori bravissimi che lavorano per pochi euro, non avremmo potuto girare! Io, poi, sono arrivato senza parrucchiere, con un truccatore solo: una situazione disperante. Un applauso ai precari del CNR, la parte migliore dell'Italia!».È padre di Gaia, 3 anni, avuta dalla sua compagna Mariangela Eboli: com'è stato lavorare con i vari bambini che si vedono qui?«Eppure, le 3 B del cinema, cioè bambini, barche e bestie, sarebbero da evitare... Qua invece ci sono tutt'e tre! Sul set erano tutti vivaci e il bambino biondo che fa il norvegese non ha alcuna rigidità nordica. So che qualche grande regista picchiava i bambini per farli lavorare... Scherzo! Dedico questo film a mia figlia, che m'ha detto: Mi porti a vedere il film di Checco Zalone?. Non sapeva che ero io!».L'inserimento di Romina e Al Bano, nel film, rimanda all'immobilismo dell'Italia?«Ma è la sequenza che preferisco! Ho girato un anno fa e rivedere questi due che stavano insieme, ma non si toccavano, mi ha dato un po' di sana emozione. Per gli sceneggiatori, dovevo incontrare Al Bano al bagno d'un ristorante. Poi, per problemi produttivi, non ho più fatto pipì con Al Bano».Il posto fisso non esiste più, ma resta il mito degli italiani?«È un mito che non si sradica nemmeno con le cannonate. Io non ho mai avuto il posto fisso, che quando ero ragazzino era l'obiettivo di mia madre e di tutta la famiglia. Fino a dieci anni fa, era il massimo che ti poteva accadere nella vita, almeno a Capurso, dove vivevo. Ho fatto anche il concorso da vice-ispettore di Polizia, ma fui scartato: ancora li ringrazio».Da superstar del botteghino, com'è cambiata la sua vita?«Vivere da Checco Zalone è bellissimo, lo auguro a tutti. Il problema è quando non sarà più così: mi fermano per strada, mi fanno le foto... Ora sono in ansia, perché dopo l'incasso spropositato del film precedente, fare meglio non è possibile: 8 milioni di biglietti, l'ultima volta. Ma se stavolta ne faccio anche 4, sarò soddisfatto».La Prima Repubblica non si scorda mai è una canzone del film che esalta il posto fisso: l'Italia non cambierà mai?«Faccio il comico e canto alla Celentano, che purtroppo non ho avuto ancora l'onore di conoscere, soltanto per ridere un po'. Comunque, la mia canzone è terza in classifica, dopo Stevie Wonder e Justin Bieber.

Dino Risi, a ogni modo, avrebbe fatto finire il film con me che rientro in ufficio, mi prendo la quaglia che mi portano in dono e tutto prosegue come prima. Noi invece volevamo metterci un po' di speranza. Anche a rischio di apparire buonisti».

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