Sanremo 2018

Da "maestro" a superstar: la rinascita del divo Claudio

Era quasi finito in un angolo, anche a causa del mancato «impegno» politico (a sinistra). Ora tutti lo acclamano

Da "maestro" a superstar: la rinascita del divo Claudio

nostro inviato a Sanremo

Si era presentato come il sacrestano del Festival. È già diventato il Papa. «Farò come i chierichetti che passano a spegnere le candele dopo la messa» aveva detto. Figurarsi. Il conclave di Claudio Baglioni è durato una sola puntata, la prima. Era ingessato, ovviamente in rodaggio, agitatissimo per il debutto in un ruolo che aveva vagamente intercettato solo ai tempi di Anima mia con Fazio (dicesi 1997, mica ieri). Poi però chi l'ha più fermato. Canzoni (forse troppe), gag (il giusto), improvvisazioni (ben oltre le attese). Quando è iniziata l'avventura dei Capitani Coraggiosi (lui e Morandi insieme in concerto), Gianni disse: «La principale differenza tra noi è che un errore sul palco per me è spettacolo, per lui è solo un errore».

Ora forse il «dittatore artistico» ha cambiato idea. È il maratoneta di Sanremo: partito piano, adesso è vicino al traguardo prima di tutti. Lui così all'apparenza distaccato, quasi etereo, è diventato il capopopolo dell'Ariston. Per Sanremo gira l'invito a non fischiettare per strada perché si corre il piacevole rischio di trovarsi di fianco Baglioni che inizia a duettare. Segno che quel cantautore una volta chiamato «il divo Claudio» è sceso in mezzo a noi. Per carità, nessuno ha mai discusso il talento di Baglioni né tanto meno una storia così trasversale che persino Antonio Ricci (uno solitamente imbattibile nelle diagnosi) fatica a mettere a fuoco. Per decenni, più o meno tre, Baglioni è stato il bersaglio favorito dei cantautori di sinistra e dei loro fan (ricordate i fischi al Comunale di Torino per il concerto di Amnesty International nel 1988?) senza però avere alcun appoggio dagli altri fan politicamente schierati, altro che «fascio». Ci pensò l'Unità di Veltroni a «riabilitare» Baglioni, riammettendolo idealmente nel consesso politicamente corretto. In realtà Baglioni è sempre stato talmente meticoloso da giocare sempre e soltanto una partita sola: quella con se stesso. Qualcuno lo ricorda una volta all'Arena di Verona a provare e riprovare sul palco quasi da solo fino a notte inoltrata. Roba da debuttanti insicuri, non da generale della canzone. Impegnato per tanto tempo a sganciarsi dalla «maglietta fina» di Questo piccolo grande amore, si è concentrato sempre più sulla scrittura e sulla qualità spesso algebrica degli arrangiamenti, diventando un'icona multigenerazionale (spesso è l'unico trait d'union tra mamme e figlie) e viaggiando sempre da solo sulle strade del pop. Risultato: prima di questo Festival Claudio Baglioni era a un centimetro dall'entrare nel club dei «venerati maestri», quelli molto autorevoli nell'opinione pubblica ma sempre più distanti dal gusto comune. Questo Sanremo gli ha allungato la vita (artistica). Ieri la Rai ha confermato che l'età media degli spettatori del Festival è scesa e, fino a pochi giorni fa, molti dei nuovi sanremofili probabilmente conoscevano solo vagamente «quel famoso cantautore degli anni 70». Insomma, è iniziata la nuova giovinezza di un sessantaseienne che solo il mancato impegno politico impedisce a qualcuno di considerare tra i grandi della canzone.

Pensate, con O' Scià a Lampedusa Claudio Baglioni è stato probabilmente il primo artista italiano a occuparsi di accendere i riflettori sui barconi e su tutta quella macelleria di sentimenti legata all'immigrazione via mare. Ovviamente, non avendo il bollino dell'intellighenzia, l'operazione non è stata beatificata dai mass media e quindi si è affievolita. Adesso però è arrivato il «Baglionone», ossia il «Baglioni one» (Favino dixit), la reinvenzione della maglietta fina, la metempsicosi del canzonettaro spregevolmente messo ai margini da tanta critica. Sul palco dell'Ariston ha mostrato di essere un istrione, di sapersi prendere in giro e persino di accettare che altri lo facciano. Perciò mezzo secolo dopo la prima canzone, Baglioni ha rilanciato sul tavolo giusto e la «baglionità» è garantita per decenni a venire (a prescindere da un'altra conduzione del Festival).

E chiunque stasera vinca all'Ariston arriverà comunque secondo dopo il Baglioni risorto sulla via di Sanremo.

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