Mai più Fantozzi, mai più Indiana Jones. C’è il telefonino

È una persona che stimo. Col­ta, modi raffinati, tanto stu­dio alle spalle. Non mi aspet­tavo avesse un passato da "rot­ta per casa di dio"

È una persona che stimo. Col­ta, modi raffinati, tanto stu­dio alle spalle. Non mi aspet­tavo avesse un passato da «rot­ta per casa di dio», la canzone degli 883, quella dei quattro amici che si perdono andando a una festa. Però l’altro giorno mi ha detto: «Ricordi quando da giovani uscivamo al sabato sera, rientravamo al­le 4 e i nostri genitori zero... Passavano la notte senza sapere dove fossimo, con chi fossimo, se vivi, se morti, se altro...». Ri­cordo, ho detto. «E quando partivamo in otto, quattro su un’auto e quattro sull’altra, direzione Parigi, week-end, appuntamento all’im­bocco dell’autostrada. E non ci si capiva e trovava.E si partiva lo stesso.E non ci s’in­contrava più. Neppure a Parigi, ricordi»? Ricordo. «Un ventenne di oggi non po­trebbe neppure capire che cosa significa­va sentirsi liberi, quel muoversi, guidare, vivere, sbagliare senza telefonino in ta­sca. Senza l’aggeggio che “dove siete? ah sì, vicino a un cartello giallo? ah, ecco, vi vediamo...”.Un aggeggio che ora ti lega ai timori dei genitori, un aggeggio che t’in­colla agli amici ma non saprai mai se sono veri amici, cioè amici che se ti perdi lo sen­tono col cuore e ti vengono a cercare, o amici che stanno al bar e aspettano lo squillo e al massimo si spostano un metro dove c’è campo. Un aggeggio che per noi esisteva solo nei telefilm di Spazio 1999 e Star Trek e in fondo non ce ne fregava nep­pure tanto, “molto meglio che inventino gli occhiali ai raggi X” pensavamo».

«Perché ci piaceva lo stomaco che si contraeva e ci piaceva la sensazione di pa­ura quando ci perdevamo e di gioia quan­do ci ritrovavamo. Ci piaceva sentirci un po’ Fantozzi e un po’ Indiana Jones,ci pia­ceva capire che stavamo crescendo e che i genitori imparavano a conoscerci sof­frendo e fidandosi, ricordi»? Ricordo.
«Come possiamo far comprendere tut­to questo ai giovani di oggi?» mi ha infine domandato. Semplice, ho risposto. Non possiamo. Per loro è un treno definitiva­mente perso. Per loro non essere collega­ti significa esclusione dal gruppo.

Per lo­ro il senso di smarrimento non è perdersi in giro bensì un telefonino che non rispon­de, è non ricevere una mail. Per loro la rab­bia non è più solo una scazzottata ma uno sputtanamento su facebook. E per noi, noi genitori... è tutto più semplice. Fino a quando non si perdono davvero.

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