"Il mio è il vero talk show, quello senza la politica"

Il giornalista torna con il suo storico programma dal 12 aprile «Ho capito che era arrivato il momento di ripresentare la mia ricetta»

"Il mio è il vero talk show, quello senza la politica"

Infine entri nel suo studio a Prati e capisci: davanti alla scrivania ci sono 11 schermi tv accesi h24, dietro alla poltrona le foto di una storia televisiva senza paragoni. Il Maurizio Costanzo Show torna il 12 aprile in prima serata su Retequattro e lui lo annuncia così, molto serafico: «Per ora andiamo in onda per quattro domeniche, non ho più l'età per fare le puntate quotidiane». Poi si vedrà. Maurizio Costanzo ha quasi 77 anni, ha iniziato la carriera quasi mezzo secolo fa a Paese Sera e poi ha fatto di tutto: quotidiani, Rai, Mediaset, radio, scrittura di brani (ha firmato Se telefonando , musicata da Morricone), scoperta di talenti e direzioni di rete. Se la televisione italiana ha un genoma, una (gran) parte del merito è sua e ogni critica è pretestuosa: fin dai tempi di Bontà loro è stato lui a italianizzare il talk show e a farlo diventare davvero il dialogo tra persone distinte e distanti, capaci di creare un copione mutevole sera dopo sera. Per la cronaca, ha presentato 4.391 puntate con la bellezza di 32.300 ospiti, molti dei quali, da Iacchetti a Sgarbi a tanti altri, gli devono quasi tutto: «Ho ospitato sul mio palco praticamente una città intera», spiega serafico mentre scorre i titoli delle agenzie di stampa sul computer. Ora, dopo la sospensione del 2009 dopo 27 anni consecutivi, ci riprova ma non ci sono ansie particolari: «Vediamo come andrà e se sarò soddisfatto, per ora mi interessa solo questo».

Però, caro Costanzo, come mai riprendere una storia che sembrava finita?

«Per qualche anno del mio Show non ho avuto né sentito il bisogno. Mi sembrava un grande capitolo chiuso della mia carriera televisiva».

Poi?

«Poi ho iniziato a guardarmi intorno e mi sono accorto che non era nato un altro talk show simile al mio. E, complice l'insistenza di Maria (De Filippi, sua moglie – ndr ), ho capito che era tornato il momento di ripresentare la mia ricetta di talk show».

Ossia?

«Il cosiddetto fritto misto, ossia la mescolanza di persone diverse sullo stesso palco».

Oggi i talk show sono essenzialmente incentrati sulla politica.

«E io non farò politica, tranne forse qualche rarissima eccezione».

Perché?

«Il talk è uno show di parole, uno show per tutti senza limitazioni di genere. Bontà loro (prima puntata nel 1976 – ndr ) mescolava tre personaggi: uno noto, uno meno noto e uno sconosciuto. Da quella situazione nascono le scintille che creano interesse. E io non tradirò mai questa mia ricetta».

Oggi i talk show sono su tutte le reti praticamente ogni sera.

«E qualcuno fa anche ascolti modesti».

Ad esempio Ballarò e diMartedì, talk sostanzialmente simili e proposti nella stessa sera.

«Mi sembra una soluzione non proprio ineccepibile».

Pure gli ospiti sono sempre gli stessi. Ad esempio Matteo Salvini è una presenza pressoché costante.

«Io non lo critico, fa anche bene ad andarci. Ma il rischio, sia per lui che per il programma, è che sia ripetitivo e non sorprendente».

Al Costanzo Show c'era un momento importante: quello dell'Uno contro Tutti.

«Un personaggio sul palco e il fuoco di fila delle domande. Una volta Carmelo Bene fu protagonista di un confronto tesissimo: riuscì a insultare a modo suo gli opinionisti che gli erano davanti. Momento di grande tensione. Ma anche quando venne Umberto Bossi ci fu così tanta baruffa che il confronto fu sospeso prima del tempo perché in sala iniziarono a insultarsi e a spintonarsi».

Quale è stato il momento di maggiore tensione?

«Quando il giudice antimafia Francesco Di Maggio, era se non sbaglio il 1990, disse che avrebbe parlato dei cosiddetti colletti bianchi. Allora chiesi a tutti gli altri ospiti di lasciare il palco e concentrai la conversazione solo su di lui».

Poco dopo fu mandato a fare il consulente dell'Onu a Vienna in pieno stile «promoveatur ut amoveatur». C'è stato un momento in cui Maurizio Costanzo ha deciso di smettere di fare il giornalista?

«Immediatamente dopo l'attentato di via Fauro nel 1993 vicino al Parioli (quando la mafia fece esplodere 70 chili di tritolo – ndr) decisi che, se qualcuno fosse morto a causa mia, avrei smesso di fare il giornalista».

Invece è ancora qui.

«Forse mi sono trattenuto più a lungo del dovuto» (sorride – ndr).

Quindi può fare una previsione sul futuro della tv.

«Da qui a non troppi anni penso che la tv generalista non esisterà più. Rimarranno i canali tematici e i social. Non accadrà domani o dopodomani ma è abbastanza probabile».

A proposito, lei usa i social network tipo Facebook o Twitter?

«No ma ne sento molto parlare. Per me il massimo della tecnologia sono i cellulari e le agenzie di stampa che vedo sul mio computer».

E dopo il Costanzo Show su Retequattro?

«Farò interviste per Rai Storia a giovani industriali con due palle così».

Rai e Mediaset, Costanzo bipartisan. Ma se Retequattro le chiedesse di prolungare il Costanzo Show ?

«Se sarò soddisfatto di come è andata e la versione è settimanale e non quotidiana, per me non ci sarebbero problemi».

In più conduce anche un programma radio su Rtl 102.5.

«Ho scoperto una realtà meravigliosa. E Federica Gentile che conduce con me è brava brava».

Però

Costanzo ora può dire qual è il suo erede?

«Mi piace molto Floris. Se allarga il suo raggio d'azione, è davvero forte. Dopotutto anche Vespa ha compreso che in seconda serata non si può parlare solo di politica».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica