Angelina Jolie è una star sempre al centro del gossip. Dell'attrice statunitense nata nel 1975 abbiamo sentito parlare soprattutto per i seguenti motivi: i litigi col padre Jon Voight, la rivalità con Jennifer Aniston per conquistare Brad Pitt, il matrimonio con Brad Pitt, il divorzio da Brad Pitt, la riconciliazione con Brad Pitt, l'operazione al seno per prevenire il tumore, il ruolo di ambasciatrice dell'Onu, l'impegno in innumerevoli cause umanitarie. E poi, scendendo di molti gradini fino al pettegolezzo trash: è una tossica, fa parte di una setta satanica, beve sangue umano, ha avuto una «torrida» relazione con... (inserire un nome a caso), è fidanzata col fratello James. Come attrice, potrebbe sembrare in declino. I suoi ruoli più famosi, la protagonista in Lara Croft: Tomb Raider (2001, successo di pubblico) e la Lisa di Ragazze interrotte (1999, Premio Oscar come miglior attrice non protagonista), sono lontani nel tempo. Nonostante ciò, non sono mancate ottime performance, come Changeling di Clint Eastwood, e ottimi incassi, come il fantasy Maleficent di Robert Stromberg (in arrivo il sequel). Nel 2009, 2011 e 2013 è stata l'attrice più pagata di Hollywood. Nel 2006 e nel 2008 è stata inserita dalla rivista Time nella lista delle 100 persone più influenti al mondo. D'ora in avanti, sarà meglio parlarne anche come regista del film Per primo hanno ucciso mio padre, prodotto per Netflix, la tv on line, e programmato solo in qualche cinema americano, probabilmente per favorirne la corsa all'Oscar. È la sesta volta che Angelina lavora dietro alla macchina da presa ma la prima in cui realizza una pellicola che sembra convincere in pieno, o quasi, la critica. In Italia, per ora, pochi se ne sono accorti, praticamente solo il nostro Maurizio Acerbi.
Per primo hanno ucciso mio padre, tratto dalla omonima biografia di Loung Ung, ricostruisce i massacri in Cambogia a opera dei marxisti Khmer rossi guidati da Pol Pot. Un tema poco frequentato dal cinema, anche se molti ricorderanno Urla del silenzio, lo scioccante film di Roland Joffé del 1984. Jolie sceglie di raccontare la storia dalla prospettiva di una bambina di cinque anni, Loung, figlia di un alto funzionario del governo sconfitto. È il punto di forza del film. Un po' alla volta, proprio come accadrebbe a una ragazzina protetta dall'intera famiglia, si svela l'orrore del comunismo. Niente discussioni sui massimi sistemi, solo fatti. Ne esce una denuncia vibrante contro un'ideologia che prevede la soppressione fisica dei «borghesi» e la distruzione della coscienza individuale. Fa eccezione la scena iniziale, l'unica non filtrata dallo sguardo di Loung: Nixon e Kissinger difendono i bombardamenti in Cambogia. Ma non è il prologo di una tirata contro l'America guerrafondaia. Al contrario, subito dopo, la bambina ascolta suo padre lamentarsi del precipitoso ritiro degli Stati Uniti. Da quel momento, siamo nel 1975, per quattro anni la Cambogia è schiacciata dal regime di Pol Pot. Loung sperimenta le follie della pianificazione socialista. È tra i due milioni di abitanti della capitale Phnom Penh deportati nei gulag delle zone rurali. Uomini, donne e bambini sono utilizzati come schiavi e costretti a sopravvivere, se ci riescono, in condizioni disumane. Secondo Pol Pot, i deportati devono conoscere la forza rigeneratrice del lavoro manuale ed essere sottoposti a rieducazione ideologica. I sopravvissuti abbracceranno «spontaneamente» la fede comunista. Il regime è studiato per umiliare i cittadini, spogliati di tutto. Ecco il testo di un documento dell'epoca indirizzato ai prigionieri: «La proprietà privata esiste anche a livello spirituale e comprende tutto ciò di cui si può dire è mio: i genitori, la famiglia, la moglie, i figli. Pensare in termini di mio è proibito. Anche le idee, tutto ciò che avete nella testa sono proprietà privata. Bisogna distruggere tutto». Al collettivismo, Pol Pot aggiunge una missione moralizzatrice (si fa per dire) che, ai suoi occhi, raccoglie l'eredità di Robespierre. Per questo, il Terrore cambogiano proibiva le manifestazioni d'affetto, le lacrime in pubblico, il sesso fuori dal matrimonio, alcuni sport e giocattoli. Tutta roba «borghese». Il partito prescriveva casacche nere abbottonate fino al collo e accoppiava gli sposi secondo le sue necessità imperscrutabili e soprattutto indiscutibili.
Prima Loung vede portare via suo padre, e capisce che non tornerà mai più. Poi viene «promossa» per la sua intelligenza: a sette anni è reclutata dall'esercito rivoluzionario bisognoso di carne da macello. Loung viene istruita soprattutto nell'arte di minare i sentieri delle rigogliose foreste cambogiane. Le mine faranno strage. Qui torniamo alla regista. Infatti le sue principali iniziative umanitarie sono rivolte proprio ai bambini cambogiani. La Jolie, tra l'altro, ha sei figli, tre dei quali adottati. Uno è cambogiano di nascita. Angelina stessa ha chiesto e ottenuto la cittadinanza del Paese visitato per la prima volta in occasione delle riprese di Lara Croft: Tomb Raider.
L'immagine pubblica della Jolie appare sempre scissa tra glamour e tragedie, riviste patinate e campi profughi, pettegolezzo e Storia, lusso e miseria (altrui). Per questo, spesso è accusata di essere una radical chic che sposa cause umanitarie in cerca di visibilità. Comunque sia, questo film è estremamente radical ma non è per niente chic secondo gli standard del mondo progressista.
È infatti una condanna senza appello del comunismo, una delle più nette mai viste al cinema, specie di recente. Negli ultimi tempi, dopo anni di rancore reciproco, la Jolie è stata avvistata spesso con papà, una mosca bianca a Hollywood per aver rivelato le sue idee conservatrici. Che Jon Voight abbia influenzato la figlia?
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