Venezia - Mortorio a Venezia. Diciamo agonia, non ancora morte. O almeno, stato avanzato di malattia. Come «non» insegna la malinconica vicenda di Eluana Englaro, al centro del film di Bellocchio in programma domani, dalle agonie ci si può risvegliare. E si può persino tornare a una vita dinamica e scattante. È quello che auguriamo alla 69esima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Finora l'atteso capolavoro latita. Magari arriverà già oggi, con Pietà del coreano Kim Ki-duk. O domani, con La bella addormentata, sempre più atteso e candidato a dare il colpo d'ala mediatico di cui qui al Lido si sente bisogno, sfruttando la scia delle polemiche che nel 2009 divisero l'Italia.
Nel concorso per il Leone d'oro, finora si sono visti alcuni registi da capolavoro, ma non nella loro forma migliore. Deludente rispetto alle attese The Master di Anderson. Pretestuoso Paradise Faith di Seidl. Niente più che un buon film Apres Mai di Assayas. Per allargare la visuale, usando parametri di valutazione anche approssimativi e arbitrari, ancor più netta è l'impressione che si tratti di un'edizione declinante come l'estate che sta finendo. Presenza di star, vitalità del mercato, partecipazione del pubblico: da qualsiasi parte la si prenda, il bilancio è deficitario. Oggi la Biennale fornirà le cifre ufficiali a metà percorso e speriamo di essere smentiti. Siamo curiosi soprattutto di conoscere quelle della partecipazione del pubblico. Che ce ne sia di meno rispetto alle ultime edizioni è difficilmente smentibile. Anche nel week end, quest'anno imbottito di film di grande appeal e solitamente affollato di giovani e turisti, se n'è visto poco. Strade deserte o quasi. «Vero», acconsente il produttore Angelo Barbagallo, «ma le sale sono sempre piene, anche alle proiezioni pomeridiane che sono quelle più complicate». Sintesi: gli addetti ai lavori non mollano, il pubblico, forse causa crisi, sì.
La crisi, sempre lei, deprime anche il volume degli affari. Tra le novità di quest'anno sottolineate alla vigilia dal direttore artistico Alberto Barbera c'è l'importanza attribuita al mercato come testimonia l'intero terzo piano dell'Excelsior dedicato alle produzioni e al fitto programma di incontri. Osserva, con gran diplomazia, il presidente di Anica Riccardo Tozzi: «Per far decollare il mercato ci vuole tempo. E ci vogliono più strutture. Guardiamo quanto hanno investito Cannes e Berlino. Qui, negli ultimi due anni, la Biennale ha fatto molto per razionalizzare le sale e i servizi. Ma è la situazione di partenza a essere penalizzante. Non basta lavorare di lima», conclude il presidente dei produttori italiani. Tanto più che, in questo settore, la concomitanza del rodato Festival di Toronto, che parte il 6 settembre, è ingombrante.
L'anno scorso o due anni fa... È uno dei ritornelli più gettonati nei capannelli tra giornalisti. L'anno scorso, dunque, nei primi giorni della Mostra ancora diretta da Muller, sul red carpet avevano sfilato George Clooney, Kate Winslet, Monica Bellucci e Madonna, peraltro autrice di W.E., una pellicola modesta e fuori concorso. Roman Polanski, invece, non aveva potuto accompagnare per i noti motivi di natura giudiziaria il suo splendido Carnage. Tra gli altri film, si erano visti gli ottimi Le Idi di marzo e A dangerous method di Cronenberg. Due anni fa, invece l'esordio era stato con la Natalie Portman del Cigno nero, poi era subito arrivata Sofia Coppola il cui Somewhere sarebbe stato premiato dalla giuria presieduta da Quentin Tarantino, altro catalizzatore di riflettori. Nella selezione si distinse il potente Post Mortem, diario di un funzionario dell'obitorio di Santiago del Cile, costretto a falsificare il certificato di morte di un defunto di nome Salvador Allende. Quest'anno invece, detto del livello modesto del cartellone ad eccezione del film di Malick, divi non se ne sono visti.
Per il resto, calma piatta. Mortorio, appunto. Tocchera a La bella addormentata risvegliare una Mostra che non riesce a creare l'evento?
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