Un altro sbarco dall'Africa nera. Al Lido, però, dove il drammatico Beasts of No Nation , firmato da Cary Fukunaga, noto regista della prima stagione di True Detective , sarà in concorso. Se ne parla da mesi, di questo primo film originale targato Netflix, il servizio di streaming che ha sganciato 12 milioni di dollari per assicurarsi i diritti dell'omonimo romanzo dell'autore nigeriano Uzodinma Iweale su cui si basa ( Bestie senza una patria , Einaudi, 2006). E in America fa discutere la scelta di un'anteprima globale in streaming, a ottobre, subito dopo la competizione veneziana e la première al festival di Toronto.
Ma perché tanta aspettativa e una campagna promozionale così aggressiva, che ha scatenato il boicottaggio del film, molto violento, da parte delle più importanti catene distributive americane, insofferenti alla concorrenza del video on demand? Intanto, si tratta di un'operazione di alto profilo, che prenota l'Oscar e che, se tutto va bene, potrebbe apportare cambiamenti significativi nei circuiti della distribuzione. E poi c'è l'iconico Idris Elba come protagonista: è un signore della guerra, che arruola e forma bambini-soldato (forse) in Ghana, oggi, durante una non ben precisata guerra civile: sangue, fucili, brutalità. In una scena-clou, Elba incoraggia un ragazzino di nome Agu (l'esordiente Abraham Attah, 14 anni) ad ammazzare senza pietà un soldato nemico fatto prigioniero. Per incoraggiarlo, il comandante gli dà un calcio, dicendo: «Forza, ti hanno ucciso papà e mamma. Che aspetti?». Il ragazzino, infatti, esita, machete in mano: il suo faccino intimorito contrasta con la violenza della situazione. Ma infine, incurante delle urla del prigioniero, vibra il colpo mortale. Non è forse quel che ci mette sotto gli occhi l'Isis? Sta di fatto che Agu, dopo che i guerriglieri hanno brutalmente ucciso suo padre e sua madre, viene arruolato a forza tra i mercenari. Una bestia tra le bestie senza una patria.
Comandato dall'attore preferito di Obama, inglese figlio di Eve, ghanese, e di Winston, nato in Sierra Leone, abituato a muoversi tra Miami, Los Angeles e Atalanta, dove ha tante case quanti figli nati da matrimoni e relazioni vari, l'intenso Agu dà corpo alla dolorosa vicenda dei tanti, troppi bambini-soldato arruolati dai signori della guerra. E risulta molto concentrato Idris Elba, col basco stile Pantera Nera di traverso, gli occhiali da sole a goccia, cattivissimi, e l'eterno mitra a tracolla. Detestabile, ma bravo. E ancora più bravo è il piccolo Abraham Atta, magari l'ennesimo bambino che corre agli Oscar con la sua carica di sincerità artistica. Poiché il Pentagono ha sposato la linea dura della destra contro l'Isis, che forma i cosiddetti «cuccioli del califfato» a combattere con armi automatiche, a resistere a dolore e fatica, a tagliare la gola o sparare alla testa di ostaggi inermi, ecco che il dramma dei «piccoli mujaheddin» ha trovato il suo film-manifesto. E c'è da scommetterci che i membri dell'Academy premieranno soprattutto il contenuto politico del film di Fukunaga: vedere bambini frustati e sottoposti al lavaggio del cervello, indigna e sconvolge.
Resta il problema di mostrare il film al maggior numero di persone: la gran parte degli spettatori Usa è ancora abituata alla piattaforma tradizionale, cioè la sala. Il regista ha le idee chiare. «Non sarà Leonardo DiCaprio a salvare l'Africa. Qui, ho usato un cast africano. E il film ha un soggetto davvero difficile. Potrebbe essere uno di quei classici lavori che a qualcuno piace e qualcun altro trova troppo impegnativo. Ma credo nella forza di Netflix e ci sarà chi dice: “Ok, me lo vedo”. Spero che, una volta agganciati, gli spettatori non se ne andranno», ha dichiarato Fukunaga al Tribeca Film Festival.
Perché scomodarsi ad andare in sala, se con 6 dollari al mese ci si può assicurare qualsiasi film, da guardare sul laptop, comodamente sdraiati sul divano? Beasts of No Nation è stato scelto dal gruppo Netflix come film-esperimento e, a tal proposito, Fukunaga dichiara: «La scelta è dei consumatori. Per una forma d'arte, è la più grande sfida democratica chiedere al pubblico di riflettere sul fatto che esso è responsabile della morte del cinema e della gente che lo fa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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