Paolo Taviani presenta Una questione privata (girato nelle Langhe e in Val Maira, sarà dal 1º novembre nelle sale), drammatico film liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Beppe Fenoglio, apparso da Einaudi nel 1963 e ambientato negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, quando i partigiani combattevano i fascisti sulle montagne della Val Maira, invase dalla nebbia nera. Dato l'infortunio del fratello, il regista attivo dal 1954 era da solo, ieri, al secondo giorno della Festa del Cinema di Roma, a raccontare del proprio lavoro e della propria famiglia.
«Mio padre Ermanno, avvocato, era partigiano. Da padre di cinque figli nascondeva il suo antifascismo, che dichiarò soltanto nel 1944. Io e Vittorio abbiamo scoperto tardi cos'era il fascismo, portando da mangiare al babbo, nascosto sul campanile d'una chiesa. Da piccolo pensavo che Mussolini fosse Dio: ero Balilla e mi affascinava la voce forte del duce», dice Paolo, che nella produzione è stato affiancato da Ermanno Olmi, del quale si sente fratello. «Dopo Fellini e De Sica, la generazione successiva ha tre grandi: Olmi, Bellocchio e i Taviani, con il loro La notte di San Lorenzo», scandisce, circondato dai giovani e bravi attori Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè, interpreti di un triangolo amoroso alla Jules e Jim, sullo sfondo della guerra civile italiana. Tra famiglie di contadini sterminate e compaesani che uccidono compaesani, Una questione privata pigia il pedale dell'amour fou sulle note di Somewhere Over the Rainbow, cantata da Judy Garland: l'impazzimento di gelosia del partigiano Milton, il protagonista innamorato della giovane amica, campeggia su tutto. La sua ossessione ha lo sfondo tragica della lotta partigiana. «Milton diventa un Orlando furioso. Ci siamo presi molta libertà, adattando Fenoglio. Il nostro è cinema-cinema e, per dirla con Pirandello, le storie sono sacchi vuoti, afflosciati a terra, che riempiamo come cavolo ci pare», precisa Paolo.
Luca Marinelli, della sua esperienza sul set, ha un ricordo folgorante: «Sono sceso dall'auto e mi sono trovato davanti 60 ragazzi ventenni, accampati nelle tende: sono loro che hanno fatto la Resistenza,
dei ventenni». Ricorda anche la sorpresa nell'accostarsi al romanzo di Fenoglio: «Mi aspettavo una storia di partigiani, guerra, invece, ecco l'ossessione, la paranoia, la febbre che fa correre Milton in mezzo ai monti».
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