Piace il ritorno del grande Claudel

In un'epoca in cui si sprecano i cosiddetti grandi ritorni accogliamo la ricomparsa di uno scrittore come Paul Claudel. Uno dei principi della letteratura del Ventesimo secolo che del suo teatro fece una insuperabile cassa di risonanza. Questo diplomatico di carriera amato da Breton e dai surrealisti, fu osteggiato per pretesi sentimenti antisemiti. Ma dopo l'intervento a suo favore del generale De Gaulle fu collocato al posto che gli spettava, nell'olimpo dell'Académie. Ora questo suo capolavoro, L'annuncio fatto a Maria, ammirato da Cocteau e che ispirò Ingmar Bergman per il film La fontana della vergine, di nuovo ci sorprende per la novità assoluta della sua lucidità cristiana. Questo «gran testo», come lo definì Testori, ingiustamente trascurato, rappresenta nella vicenda di Violaine la purezza insidiata prima e poi soppressa dal suo doppio negativo Mara. Claudel nei nobili accenti toccati dalla sua profonda fede, rappresenta la tragedia degli umili cui è riservato lo splendore del regno di Dio dopo il martirio terreno. Esemplato dagli accesi sostenitori della tribù demoniaca incarnata dagli araldi di ogni guerra.

La pièce è ora presentata da una compagnia di giovani attori ispirati dalla sua dialettica che vanno giustamente elogiati soprattutto per merito della regia intellettualmente prestigiosa di Paolo Bignamini. Il quale, rifacendosi a un'acuta intuizione di Carlo Terron, lascia che il messaggio della Grazia «rinasca nei nostri cuori grazie alle parole di un poeta».L'ANNUNCIO FATTO A MARIA - Milano, teatro Litta.

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