Prime Teatro

In scena c'è solo lui, Maurizio Micheli, col suo sorriso stralunato sotto una lobbia d'antico menestrello. La stessa che sfoggia qualche solitario barbone che allunga la mano all'angolo sconnesso delle vie milanesi. Ma attenzione, non siamo nei paraggi di Mi voleva Strehler dove un povero attore sognava di passare dalla recita goliardica a ruoli più consoni al suo temperamento. Siamo, invece, in una specie di nostalgica terra di nessuno dove un pianista lo incoraggia ad esibirsi davanti al suo interlocutore di sempre. Quel pubblico fatto di uno, nessuno e centomila in cui si riassume tutta la piccola grande tragedia della vita. E Micheli con una piroetta ilare e tragica testimonia il piccolo orrore del quotidiano che ci sovrasta. Pilotando da maestro i suoi ricordi come fossero continui leit motives di quella giostra che è la vita. Spuntano così pezzi di repertorio e ritornelli dagli anni '40 fino ai giorni nostri, dato che si arriva fino a Paolo Conte e Vasco Rossi. Perché Maurizio è un nostalgico della vecchia rivista, quella di Dapporto e Wanda Osiris. Nonché dei refrain accennati a mezza bocca da Walter Chiari e Delia Scala che resuscita con un sorriso ammaliatore come se li estraesse da una magica cornucopia.

Tanti festosi auguri a questo nostro magico intrattenitore che è anche l'autore di Un uomo solo in fila. Ovvero i pensieri di Pasquale che al Teatro Franco Parenti di Milano il pubblico ricompensa con l'applauso che si deve a un testimone del nostro tempo.

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