Qualsiasi Stato in realtà viola i nostri diritti

Il filosofo Michael Huemer analizza tutti i limiti dell'autorità politica

Giampietro Berti«Perché 535 persone a Washington dovrebbero avere il diritto di dare ordini a 300 milioni di altre persone? E perché gli altri dovrebbero obbedire?». Con questa domanda radicale e polemica il filosofo della politica Michael Huemer apre il suo nuovo libro: Il problema dell'autorità politica Un esame del diritto di obbligare e del dovere di obbedire (Liberilibri, pagg. 542, euro 22). Si potrebbe rispondere con le parole di Etienne de La Boétie che, nel suo Discorso sulla servitù volontaria (1576), parlando del tiranno scriveva: «Non ha altro potere eccetto i mezzi che voi stessi gli fornite. Dove ha preso tutti gli occhi con cui vi spia, se non glieli avete prestati voi? Come può avere tante mani per colpirvi, se non prendendole da voi? Ha qualche potere su di voi che non gli deriva da voi stessi? Come oserebbe aggredirvi, se non potesse contare sulla vostra complicità»? Naturalmente le osservazioni di La Boétie valgono per qualunque regime politico perché se in un regime tirannico il consenso deriva comunque dalla sua accettazione, ancor più ciò vale per i sistemi dove non vi è la coercizione verso i suoi membri. In tutti i casi, per Huemer qualsiasi autorità politica non ha in sé le ragioni della sua esistenza, dato che le spiegazioni etico-filosofiche adottate «sono razionalizzazioni di atteggiamenti che hanno radici irrazionali». In realtà, «l'autorità politica è un'illusione», nel senso che la società può funzionare e prosperare senza. Ne deriva che in linea di principio nessuno ha il diritto di governare, e nessuno è obbligato a obbedire a un ordine «semplicemente perché viene dal governo».La legittimità del potere non poggia su alcuna teorizzazione filosofica, religiosa o morale. Huemer non solo nega la validità dell'autorità per i vari regimi considerati tirannici -dispotismi, assolutismi, teocrazie, totalitarismi- ma anche per i vari regimi considerati democratici, sia quelli rappresentati dalla democrazia liberale, con le sue versioni costituzionali e parlamentari, sia quelli giudicati di democrazia diretta. Nega cioè, in altri termini, qualsiasi ragione storica e teorica del potere di uno, di alcuni o di molti sui singoli individui. Quello che viene respinto, insomma, è il contratto sociale, l'idea che sia giusto imporre ai cittadini un potere se da essi non è stato liberamente sottoscritto e se da essi, allo stesso modo, non possa in seguito essere liberamente rifiutato. La validità del suo consenso impone che esista un modo ragionevole di recedere.La società libertaria e anarco-capitalista propugnata da Huemer è una società di individui proprietari di diritti naturali imprescrittibili, che nessuno, per alcun motivo, ha diritto di violare. I rapporti fra gli individui sono liberi e diretti e si costituiscono come rapporti legittimi, in quanto esiti di contratti liberamente sottoscritti dalle parti, perché solo ciò che è volontario, libero e non coercitivo è giusto. Questa concezione classica dei diritti naturali, che principia dal giusnaturalismo proprietarista di John Locke, sfocia in una elaborazione radicale, secondo cui è inimmaginabile pensare il diritto naturale scisso dal diritto di proprietà. Il che vuol dire che senza questa premessa, ogni discorso sulla libertà diventa privo di senso: la proprietà è la garanzia per eccellenza della libertà stessa. Se la volontà del governo -o di qualunque volontà pubblica - interviene per riequilibrare le differenze sociali, è evidente che sta limitando la libertà dei singoli.

Deve dichiarare che l'intervento non avviene partendo dai presupposti della libertà, ma dai presupposti dell'eguaglianza o della solidarietà; prospettiva che, in linea di principio, non è respinta da Huemer, che però sottolinea come in tal caso l'uguaglianza sia impugnata in modo coercitivo ai danni della libertà. Si constata così che qualunque sia il modo di intervento, il risultato sarà sempre lo stesso: la limitazione della libertà individuale in nome di valori diversi (l'uguaglianza, la solidarietà).

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