Arriva oggi in edicola con Il Giornale (a 9,90 euro più il prezzo del quotidiano) l'ultima parte della Storia della guerra civile in Italia 1943-1945 scritta dal giornalista Giorgio Pisanò (1924-1997). In questo volume, che contiene anche una consistente parte di apparato, Pisanò fa il punto su una delle questioni più controverse relative allo scontro tra fascisti e antifascisti. Ovvero la consistenza delle forze partigiane. Quando Pisanò pubblicò le cifre presenti nel volume la storiografia ufficiale si limitava ad accettare i dati della presidenza del Consiglio dei ministri che parlavano di 393mila combattenti.
Pisanò con uno studio puntuale dimostrò che in realtà quella cifra era ampiamente gonfiata. Avvicinandosi il 25 aprile un gran numero di persone che con la Resistenza vera nulla avevano avuto a che fare pensarono infatti di schierarsi dalla parte dei vincitori. Fatto per altro denunciato anche da alcuni partigiani come il generale Trabucchi: «Al 25 aprile... entrò nelle formazioni il flotto della razzamaglia: avventurieri, disertori, profittatori, gente che aveva qualcosa da far dimenticare, da occultare...». Ma quale fu allora la vera consistenza militare della Resistenza? I numeri di Pisanò, poi confermati dalla storiografia più recente, parlano di forze che non superarono mai gli 80mila uomini. E questi dati ci dicono due cose.
La prima: il contributo militare dei partigiani non può essere sopravvalutato. La seconda: bisognerebbe distinguere tra chi quel contributo lo diede e chi saltò soltanto sul carro dei vincitori e magari, da quel carro, esercitò le sue vendette private.
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