Cultura e Spettacoli

«Quanti guai con i tedeschi per una pistola... ad acqua»

Gabriella Cantafio

Primogenito di Faber, venuto al mondo durante una tormenta di neve, presagio della tempesta di una vita di cadute e risalite, Cristiano De André, cantautore polistrumentista, si racconta a Off in un momento di pausa dal tour «De André canta De André».

Con un cognome così preponderante viene da pensare che la tua carriera sia stata designata dai primi anni. In realtà, qual è stata la cometa che ti ha indicato la tua strada?

«Semplicemente la voglia di suonare: sin da piccolo sentivo che la musica mi apparteneva e mi aiutava a trasmettere emozioni, ho capito subito che non si trattava di un mero capriccio. Mi sono reso conto di aver scelto la carriera più difficile, anche perché il confronto con un genio come mio padre era sempre dietro l'angolo, ma con il passare del tempo, lavorando e soprattutto studiando, ho acquisito una mia maturità. Ormai non sento più quel peso, realizzo i miei dischi con i miei arrangiamenti e sono appagato nel vedere tanta gente che viene ai miei concerti».

Ci racconti un episodio Off della tua carriera?

«Negli anni '80, ventenne, ero in tour con i Tempi Duri: poche fermate prima di varcare il confine con la Germania dell'Est, con il bassista Carlo Facchini comprammo una pistola ad acqua. Durante il controllo di un gendarme tedesco, eravamo tutti seri ma Carlo continuava a spruzzare acqua. Successe un casino, ci fecero scendere dal pullman e rischiammo di tardare al concerto».

«Per vedere il passato basta guardare le stelle: stenditi qui che ti insegno come fare» ti sussurrava tuo padre. A distanza di anni ti sei sdraiato da solo e hai scandagliato il passato. Cosa hai trovato?

«Quotidianamente, tutt'oggi, ogni sera mi sdraio e contemplo le stelle del cielo sardo. Ritrovo il mio passato con i miei genitori che non ci sono più, i bei momenti che purtroppo sono svaniti. Però non si tratta di una nostalgia dolorosa ma di un ricordo piacevole».

Terza edizione di De André canta De André. Il repertorio di tuo padre è inesauribile ma anche la tua creatività di polistrumentista. Cosa proponi in questo nuovo tour?

«In questo tour partito a marzo, do un mio vestito a dodici nuovi brani di mio padre, che saranno inseriti nel nuovo album live in uscita a Natale, affiancati ad altri contenuti nei due volumi precedenti di De André canta De André. È un progetto che porto avanti da tempo con la volontà di coinvolgere le nuove generazioni che per una questione anagrafica non conoscono mio padre, proponendo loro i suoi insegnamenti attraverso una rivisitazione delle sue poesie con sonorità world, più rockeggianti».

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