Cultura e Spettacoli

Il ragionevole ritorno alla Scala dell'«Otello» di Rossini

Siamo sempre inclini a interpretare articoli e reazioni nel dovuto rispetto per le opinioni altrui. Quando si leggono in quotidiani di grande tiratura e vaste pretese moralizzatrici - è il caso di Repubblica e di Natalia Aspesi, regina madre delle cosiddette giornaliste di «costume» - fogliettoni poco inclini a considerare la complessità dello spettacolo d'opera, è necessario sapere ciò di cui si parla, ed esserci vissuti in mezzo con esperienza specifica.

In occasione dell'allestimento al Teatro alla Scala dell' Otello di Rossini (ha debuttato sabato ed è in scena fino al 24 luglio), opera molto attesa non solo perché mancava dal 6 settembre 1870, descrivere una situazione fuori controllo, è parso tempismo nostalgico. La cosa principale su cui soffermarsi in questo Otello era proprio il motivo della sua assenza scaligera: non «irragionevolmente», signora Aspesi, ma ragionevolissimamente: causa l'eclisse procurata dal successivo capolavoro ultra-shakespeariano di Verdi e Boito e l'estrema difficoltà di mettere insieme cantanti adeguati. Era d'uopo ricordare che negli ultimi decenni il Rossini serio ha trovato i tenori «giusti» grazie al lavoro compiuto dal Rossini Opera Festival, che nel 2007 fece debuttare Kunde e Florez come Otello e Rodrigo (a proposito, il regista era Giancarlo Del Monaco, non il glorioso padre Mario, defunto da 33 anni). Tenere conto di quanto Pesaro insegna in materia rossiniana non è scarsa fantasia, ma intelligente informazione. La prova dei cantanti era il cardine di questo Otello , non la regia di Flimm o gli storicamente confusi costumi della Kudrna. Regia che non andava di contropelo alla musica, come in tanti spettacoli dimenticati forse dal graffiante inchiostro aspesiano. Otello era sostenuto da Gregory Kunde, generosissimo per vigore d'accento e lampi sopracuti d'antico splendore. Juan Diego Florez era Rodrigo, giustamente salutato dalle ovazioni del pubblico, soprattutto dopo la sua meravigliosa aria e la folgorante tenzone con Otello del secondo atto. Il motore d'odio, Jago, Edgardo Rocha, era pungente e misurato. L'unica voce di basso, il padre di Desdemona, Elmiro (Roberto Tagliavini), è a ogni prova sempre più maturo e convincente. Desdemona era affidata alla perizia vocalistica e alla bella presenza scenica di Olga Peretyatko-Mariotti. «Questo cinese» Muhai (non Muhei) Tang ha diretto a Zurigo Otello con un quartetto magnifico: Osborn, Camarena, Rocha e la Bartoli.

Risultati differenti, condizioni logistiche e psicologiche differenti, e, nei fatti, critici differenti.

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