Un raro e intelligente omaggio a Calvino

Credo che all'origine del percorso sull'attore, che da anni persegue il regista Lorenzo Loris, nella sua esplorazione di testi che vanno dagli anni '50 ai giorni nostri, si affacci il confronto con la letteratura italiana. Soprattutto con Italo Calvino che, pur lontano dalla scena, ha decantato la parola vanificandola in un respiro onnicomprensivo di mille giochi e alliterazioni astraendola nello spazio infinito di un estremo interrogativo. Di questa condizione-limite in cui il pensiero si trova smarrito a confrontarsi con se stesso, Calvino si è salvato con questa drammatizzazione dei suoi racconti intitolata Gli amori difficili. Facendo sua, senza mai confessarlo, la poetica di Quenau che della matematica decantata a gioco supremo dell'intelligenza ne ha fatto una ragione di vita. Ma, a differenza del maestro che agiva in terra di Francia mostrandoci nella sua opera più famosa l'estro della ragazzina Zizie prigioniera nella metropolitana parigina. Calvino, invece, prende dei prototipi adulti che scompone col suo acido humour. Collocandoli in quel piccolo universo quotidiano che sottrae all'uomo proprio quando quest'ultimo si illude di averlo domato per sempre. Come accade con il gettone che sia il viaggiatore che l'automobilista vorrebbero utilizzare per mettersi in contatto con la persona amata.

Come, pure, nel maldestro tentativo di una moglie che, per sfuggire la noia, ha passato la notte in preda a una passione che non ci è dato conoscere. Il tutto a beneficio di uno spettacolo di rara intelligenza.

GLI AMORI DIFFICILI - Milano, Teatro Aut-Off fino al 30 aprile.

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