E pensare che aveva paura che la gente «non ci si riconoscesse». Ma il suo stesso successo, Beppe Fiorello, lo deve proprio al fatto che la gente si «riconosce» in lui. Il che è puntualmente accaduto anche con Penso che un sogno così: lo straordinario one man show che, cantando Domenico Modugno, racconta - in realtà - il padre dello stesso Fiorello. E con lui la storia di un'Italia «bellissima» (dice l'attore), di grandi e piccoli fatti a cavallo fra i 60 e i 70. Insomma: la storia di tutti. A dimostrarlo una tournée che trionfa da un mese, e che ieri è approdata all'Ambra-Jovinelli di Roma, dove mieterà applausi, lacrime e risate fino al 16 febbraio. «Questo show avevo paura di realizzarlo. A chi potrebbe interessare mi chiedevo - la storia di un bambino chiuso e taciturno, cresciuto all'ombra di un padre buono e perbene, e sulle canzoni di un artista che è la copia nel fisico come nello spirito - proprio di quel padre?».
E invece questa intuizione non uno spettacolo su Modugno, ma su Nicola Fiorello, attraverso le canzoni di Modugno - s'è dimostrata coinvolgente per tutti.
«Perché ha materializzato l'immagine del padre che tanti hanno avuto davvero. O che avrebbero voluto avere. O che hanno perso troppo presto; com'è capitato a me. Tutto è partito dalla fiction che girai sul grande Mimmo. Cantando quelle canzoni, rivivendo quella vita, sentii riaffiorare ricordi che credevo perduti. O almeno sbiaditi. E capii che quella musica era la sintesi poetica della storia della mia famiglia. Ma - a giudicare dai commenti di chi vede lo spettacolo - delle famiglia di tutti, sembrerebbe».
Un'ora e quaranta in scena, a sfogliare ricordi, aneddoti, confidenze. E canzoni.
«Ma senz'ombra di nostalgia. Al contrario: riscoprendo lo spessore poetico di brani ultranoti (Meraviglioso, Tu si' na cosa grande, La lontananza, La donna riccia) ma anche la stupefacente attualità di quelli meno frequentati, come U pisci spada, Lu grillu e la luna, Il cavallo cieco della miniera. E compreso il quasi ignoto Cosa sono le nuvole, che Mimmo scrisse per l'omonimo film di Pasolini».
Ma cantandole come? Con la voce di Modugno (il cui inconfondibile timbro lei riprodusse in modo stupefacente nella fiction) o con quella di Beppe Fiorello?
«Come le sento io. Che non sono un cantante; ma un interprete. Lo stesso Modugno arrivò alla canzone partendo dalla recitazione. Aveva una voce bellissima; ma era soprattutto un narratore. E poi, per certe caratteristiche musicali e, direi anche per quell'impareggiabile energia, per quell'amore per la vita che esse così tipicamente esprimono, le canzoni di Mimmo puoi cantarle solo come le cantava lui».
E con questo doppio salto mortale l'identificazione ha convinto tutti. Perfino i critici.
«Perfino il più incontentabile di tutti: una storica firma napoletana che dello show ha scritto meraviglie. Il giorno dopo, in teatro, mi guardavano come si guarda un miracolato: Ma lo sai che quello non ne salva mai nessuno? Che da Totò in giù li ha stroncati proprio tutti?».
L'entusiasmo è arrivato a contagiare addirittura gli americani...
«Si: ci hanno chiesto di portare lo show ad Atlantic City e a Fowwood, in aprile. Un pochino sarà come se Mister Volare tornasse in America... Ora, io il sogno americano non l'ho mai avuto. Ma l'idea di cantare dove cantò Frank Sinatra... non so se mi fa più ridere o più mi mette paura».
E ora Beppe Fiorello ha davanti a sé anche una carriera da chansonnier?
«Devo dire che l'idea mi tenta molto. Non per cantare in chiave discografica, per carità: ma per raccontare storie in note, nella dimensione raccolta e intima di un teatro Si: questo mi piacerebbe molto».
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