Ritorna Downton Abbey e il fascino indiscreto della nobiltà britannica

Domani su Rete4 la seconda stagione del dramma storico. Una saga familiare che convince più degli effetti speciali

Rob James-Collier nel ruolo di Thomas
Rob James-Collier nel ruolo di Thomas

Televisivamente parlando è l'equivalente dei Buddenbrook di Thomas Mann, in letteratura, o di una saga cinematografica come Heimat di Edgart Reiz. Insomma un ritratto corale e di famiglia che renda il senso di un'epoca. E in effetti la fiction britannica Downton Abbey di cui sta per arrivare in Italia la seconda stagione, da domani in prima serata su Retequattro in anteprima assoluta, ha collezionato un quantitativo di premi impressionanti, 6 Emmy nel 2011 e 3 nel 2012 (27 nomination). Un risultato davvero strepitoso per una serie inglese, molto old style, che gareggia con le produzioni americane. Il merito, a partire dalla prima stagione, è innanzitutto della sceneggiatura di Julian Fellowes: attore, sceneggiatore, scrittore e lord che ha gia vinto un oscar, nel 2002, con la sceneggiatura del film Gosford Park. La trama infatti è costituita di moltissimi fili, incrociati davvero con maestria. Tanto che per districarsi nella narrazione e nelle sottigliezze storiche i cultori della serie si muniscono dell'apposito saggio Il mondo di Downton Abbey (in Italia edito da Rizzoli). E con una dozzina di personaggi i cui destini ruotano all'antica dimora di Downton Abbeyè davvero difficile che lo spettatore non si affezioni almeno a uno.
La serie funziona come un “motore diesel” emotivo, non ha accelerazioni brucianti ma una volta che si è messa in moto è difficile abbandonarla. Se la prima stagione si apriva il 16 aprile 1912, il giorno seguente all'affondamento del Titanic -lord Grantham (capostipite della dinastia interpretato da Hugh Boneville) scopriva che con la morte del proprio nipote su quella nave (erede maschio della dinastia destinato a sposare la sua primogenita Mary) le sorti dei beni di famiglia diventava quanto mai dubbia- la seconda si apre sui campi di battaglia della prima Guerra mondiale dove il cugino Matthew (interpretato da Dan Stevens), il nuovo legittimo erede di Downton Abbey, sta combattendo. E il clima di tutte le puntate si porta dietro l'eco triste e cupo della guerra, che in un modo o nell'altro sfiora tutti i personaggi. Che se possibile, in questa stagione, diventano ancora più a tutto tondo. Svetta su gli altri quello della sardonica matriarca, nonna Violet (interpretata dal premio oscar Maggie Smith) che con il suo cinismo snob e il suo umorismo freddo e raffinato incarna lo spirito dell'aristocrazia britannica che fu. Così come in tutte le puntate continua a operare l'altro meccanismo che ha fatto funzionare così bene la serie. La doppia prospettiva. Da un lato i signori, dall'altro la servitù, anch'essa con le sue ambizioni, le sue bassezze, e anche con le sue grandezze. Insomma la dimora di Downton Abbey è magica e lontana, le emozioni invece vicine allo spettatore, il conflitto di ceto garantito, esattamente come la sensazione di poter spiare nelle vite altrui dal buco della serratura.

Questa è la formula inventa da Fellowes. Però va aggiunta una cosa, funziona bene se uno per metterla in scena ha per le mani una squadra di attori che hanno masticato Shakespeare sin dal college. L'Inghilterra ce li ha.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica