Nell'aria c'è il profumo di un rito pagano sempre uguale ma sempre perversamente diverso, di quella perversione sanguigna e sacrale che soltanto il rock sa emanare. È l'atmosfera caliente di un concerto di Bruce Springsteen, il Boss. Dal vivo Springsteen ci ha abituati alle mille sfaccettature del rock che lui - da bravo cantore popolare - continua a portarsi sulle spalle con formidabili contrasti espressivi che svariano dall'acustico all'elettrico, dalle ballate impegnate a quelle d'amore, dalle storie di perdenti a quelle più liriche e perfino un po' sdolcinate. Insomma Springsteen dal vivo è un classico, per questo merita di essere ascoltato nella collana Bruce Springsteen. Live the Boss, raccolta di dieci cd in edicola da domani, ogni venerdì, con Il Corriere dello Sport-Stadio, Tuttosport e in collaborazione con il Giornale, a 9.90 euro più il prezzo del quotidiano.
Domani fan e curiosi troveranno il primo volume di Live at Hollywood Center Studios 1992, la prima parte di uno show californiano (parte della tournée del 1992) registrato dalla radio 1027WNEW FM. Siamo in una fase cruciale della carriera del Boss, che in quell'anno, dopo un'assenza di cinue anni dalla sala di registrazione, pubblica in contemporanea due album: l'introspettivo Human Touch e il più rockettaro e immediato Lucky Town.
I dischi furono accolti con un po' di diffidenza dalla critica, ma volarono al secondo e al terzo posto della classifica di Billboard. Springsteen, da poco papà e fresco sposo della corista Patti Scialfa, esce però da un periodo di insoddisfazione artistica ed è alla sua prima prova senza la fedele E-Street Band (del suo gruppo c'è soltanto il tastierista Roy Bittan). La fonte d'ispirazione dei due prodotti è il brano Living Proof (pezzo forte anche del concerto). «Living Proof è stata la chiave che mi ha aperto l'accesso alla prossima stanza - disse in quel periodo Springsteen - dove un sacco di canzoni mi stavano aspettando». Scrisse quindi Human Touch e, a seguire, Lucky Town scrivendo una canzone ogni notte.
Con l'eloquenza di una voce sempre particolare (e accompagnato da una band che comprende Shane Fontayne alla chitarra, Tommy Sims al basso, Zack Alford alla batteria, il fido tastierista Roy Bittan, Cristal Taliefero al sax e alle percussioni e un gruppo di coristi guidati da Patti Scialfa e Bobby King), il Boss si scatena per dimostrare che non si è imborghesito e che il suo scopo è sempre comunicare emozioni. «Ho sempre pensato che la gente ascolti la tua musica non per trovare te stesso, ma per trovare loro stessi».
Il concerto parte così con una sferzante Born In the Usa, il brano che lo riportò in vetta alle classifiche ma che lo fece anche sentire sempre più solo. Il suo obiettivo è sempre quello di far coincidere la realtà con il mito. «Da piccolo lasciavo che il mito mi raggiungesse da qualsiasi parte, specialmente dai film western con quei meravigliosi paesaggi. Nel rock il mito era Chuck Berry, le macchine, le chitarre, le ragazze, lo spirito di autostrade senza fine e notti senza fine, il potere sessuale». È questo il senso di brani storici di Bruce, qui in scaletta, come Darkness In the Edge of Town e My Hometown.
Ma la carica affabulatoria del Boss si sente anche nei brani appena usciti come la chitarristica Lucky Town, le acustiche If I Should Fall Behind e Big Muddy, la spavalda e dall'incedere strano 57 Channels (And Bothin' On). Un concerto come al solito convincente, la cui seconda e ultima parte troverete in edicola venerdì prossimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.