Se ne va solo Muti L'Opera riapre all'orchestra ribelle

Il teatro disponibile a ritirare i licenziamenti. Lunedì la decisione. Brucia ancora di più l'addio del Maestro

Il Maestro Riccardo Muti non c'è più. Per il resto, al Teatro dell'Opera di Roma, dopo le promesse di soluzioni drastiche, rischia di cambiare poco o nulla. Infatti il braccio di ferro fra il Cda, l'orchestra e il coro, iniziato il 2 ottobre, potrebbe ridursi a ben poca cosa. La partenza del confronto, con la minaccia di licenziamento collettivo che ha coinvolto 182 persone, era stata dura, qualcosa di assolutamente inusuale per il mondo della lirica italiana. Le difficoltà del Teatro erano del resto emerse in tutta la loro gravità già prima, quando il Maestro Riccardo Muti aveva deciso di abbandonare la direzione di due delle opere in cartellone, Aida e Le nozze di Figaro . Muti aveva spiegato così la sua decisione: «Non ci sono le condizioni per garantire la serenità necessaria al buon esito delle rappresentazioni». L'addio, come aveva spiegato il sindaco di Roma Ignazio Marino, presidente del cda, aveva portato alla necessità della «esternalizzazione dell'orchestra e del coro e l'avvio della procedura di licenziamento collettivo». Secondo Marino era l'unico modo di tappare la tremenda falla economica aggravata dalla scelta di Muti: «Il messaggio del Maestro ha determinato la frenata degli abbonamenti e la fuga degli sponsor. A questo punto ci troviamo con una differenza di entrate che può essere calcolata in 4,2 milioni... I risparmi che si prevedono con il licenziamento collettivo sono pari a 3,4 milioni di euro». Insomma, pareva ci fosse una necessità di cambiamento improcrastinabile.

Ieri però dopo un incontro (il quinto) tra i sindacati, i rappresentanti della Fondazione e il sovrintendente del Teatro, Carlo Fuortes, sembrano essersi riaperti grossi spiragli di trattativa. Alla fine del tavolo di confronto si è stabilito che in cambio di un accordo condiviso per ridisegnare il contratto integrativo, il sovrintendente Carlo Fuortes proporrà al Cda del Teatro dell'Opera di ritirare il licenziamento collettivo di orchestra e coro. E intanto la trattativa è stata aggiornata a lunedì. Secondo Fuortes questa non sarebbe una novità: «È così dal primo giorno... la procedura serve esattamente a questo: se il tavolo sindacale risolve tutti i problemi in un altro modo, e il Cda accetta, non ci saranno più i licenziamenti». Ancora più accomodante il comunicato ufficiale del Teatro: «È stata confermata nuovamente la disponibilità - a fronte di una proposta che risolva interamente i gravissimi problemi economici e organizzativi del Teatro - a sottoscrivere un accordo che possa evitare il licenziamento collettivo». E ancora «le sigle sindacali hanno accennato ad alcune aperture fino ad oggi mai prospettate». E quindi il tavolo «è stato aggiornato a lunedì 10 novembre prossimo».

Davvero l'atteggiamento sindacale sarebbe completamente cambiato? Per Alberto Manzini della Slc-Cgil: «L'obiettivo attraverso una maggiore produttività (ovvero fare più concerti ndr) è recuperare i sacrifici sul contratto integrativo che siamo disposti a fare. E inoltre stabilizzare i precari». Insomma nella sua visione (a torto o a ragione) è quasi scontato che si passi dal licenziare per essere flessibili al rendere inamovibili tutti. Certo, ora fare più concerti sembra una bella idea (per recuperare guadagni). Non sembrava così quando era facile farlo avendo una star come Muti. Quanto al rappresentante della Fistel-Cisl: «Siamo disponibili a ragionare sul congelamento del premio di produzione per tutto il 2015, che poi a fine anno, in caso di pareggio di bilancio, verrà riconosciuto ai lavoratori. Siamo pronti a discutere anche sugli istituti salariali variabili, ma il fisso non si tocca». Anche in questo caso, di fronte al passivo del Teatro, non è che ci siano proprio grosse concessioni. Però, bontà sua, ha garantito: «Non siamo più disponibili a scioperi selvaggi».

E tutti i ragionamenti sulle istituzioni straniere che hanno tratto giovamento dalle orchestre esternalizzate? Spariti. E la perdita del Maestro Muti con enorme danno artistico e di immagine? Finita nel dimenticatoio al punto che si continua a trattare con chi potrebbe aver contribuito a causarla con scioperi e agitazioni. Insomma, basta una ritoccata all'integrativo e tutto va a posto.

Ma allora non era meglio arrivare a questo accordo prima di perdere Muti (e anche il direttore del corpo di ballo, il belga Micha van Hoecke)? E forse, anche a strappo avvenuto, si sarebbe potuto inseguire il Maestro spiegandogli che la faccenda si sarebbe risolta... Invece niente.

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