Altro che Miley Cyrus e le sue goliardate da liceale in gita. Il vero schiaffo erotico del momento arriva da Beyoncé, ossia la sciura dell'R&B, ossia la signora Carter in quanto moglie di Jay Z, il rapper più ricco del bigoncio, padre di sua figlia Blue Ivy. Trentadue anni, fisico che una top model se lo scorda, pedigree artistico a prova di buoncostume. Mentre la ragazzetta plasmata dalla Disney si è scelta un campionario di provocazioni a metà tra YouPorn e i film di Alvaro Vitali, in sostanza l'apoteosi del più trito machismo, lei quatta quatta è uscita con un disco all'improvviso che è un'apoteosi di consapevolezza erotica. Come dice qualcuno: un caposaldo del nuovo femminismo. Sarà.
In ogni caso Beyoncé, il disco omonimo non lei, è in testa alle classifiche in cento paesi del mondo, negli Stati Uniti è primo da tre settimane e va per la quarta dopo aver già venduto un milione e mezzo di copie senza neanche lo straccio di una promozione discografica, a differenza di tutti gli altri megadischi dell'anno, da quello di Justin Timberlake fino a Eminem. Insomma è un successo clamoroso, in linea con tutte le offerte della ditta fin da quando era ancora nelle Destiny's Child, e quindi dov'è la notizia? La notizia è che Beyoncé Knowles, sposata con due figli, mai l'ombra di uno scandalo sessuale nel curriculum, parla di sesso. In modo esplicito. E lo fa dal punto di vista di una donna, non per compiacere gli uomini e quindi garantirsi paginate per ingrassare le vendite discografiche. In Blow, canzone firmata da altri tre uomini (Pharrell Williams, Timbaland e Jerome Harmon), uno dei quattordici pezzi di un disco che è «visual» perché contiene anche diciassette video girati in mezzo mondo, parla espressamente di sesso orale, di cunnilinguus per la precisione. E lo fa usando un termine slang (le Skittles sono caramelle alla frutta che però in gergo rappresentano anche quella cosa là) usato tipicamente dalla ragazze: «Mi puoi leccare le mie skittles? È più dolce al centro». E via alludendo, in una canzone sensualissima già dall'arrangiamento, che poi ricama versi come «fammi mugolare» o «fammi gemere» che, oddio, non hanno bisogno di interpretazione. In poche parole, concetto esplicito. Naturalmente qualcuno si è scandalizzato, specialmente negli Stati Uniti dove, sia chiaro, sin dai tempi del Parental Music Resource Center di Tipper Gore (moglie di Al) l'argomento censura stuzzica appetiti sia democrat che republican, spesso con conseguenze paradossali (e ridicolmente storiche). Molti hanno tradotto questa canzone come uno stratagemma furbetto di marketing e in effetti, mentre Lady Gaga gira più nuda che vestita, Katy Perry ha più scollature che fondotinta e Rihanna si fotografa il popò e lo ritwitta almeno due volte al dì, nulla sarebbe più facile. D'altronde da dieci anni, prima nel mondo rap poi in quello r&b, non si va tanto per il sottile (Lil' Kim cantava «se fossi un ragazzo direi a tutti voi di succhiarmelo») e ora lo svacco ha solo raggiunto le cime tempostose del pop. Tanto più che - causalità o strategia - proprio in questi giorni sgocciolano sul web notizie e indicrezioni a senso unico. Beyoncé e Jay Z in un sexy shop, spesa di seimila dollari per «oggetti di prima qualità, lacuni anche placcati oro». Beyoncé impacchettata in un miniabito con stivaloni da vamp. Insomma tutto il consueto campionario di chi prova a sdoganarsi presso un altro pubblico o a trovarne uno più grande di quello prima. Però Beyoncé, 75 milioni di dischi venduti, eletta donna più sexy del secolo da GQ, ha già tutti i passaporti possibili per l'eternità musicale o perlomeno modaiola. Non per nulla, una che se ne intende, cioè Madonna, appena può sghignazza di Gaga e compagnia bella, ma il mese scorso è andata al suo concerto di New York e ha postato su Instagram la sua foto con la didascalia più chiara del mondo: «Queen B.», regina Beyoncé. E allora forse ha azzeccato tutto Danielle Henderson sullo Stranger di Seattle: «Il suo disco è un gigantesco dito medio a chiunque creda che lei non sia una vera femminista». Per farla breve, il mistero buffo del pop è proprio questo: piegarsi a tutte le intepretazioni, spesso le più diverse.
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