Andrea Caterini
I n Sulla giustificazione, una tentazione (a cura di Franco Coppellotti, Edizioni Ariete) di Martin Walser, tra i maggiori scrittori tedeschi contemporanei, leggiamo: «Aver ragione è il surrogato accettato della giustificazione. Una specie di imperialismo della coscienza. Molto spesso legato al potere e al sentimento del potere. L'opportunità dello spirito del tempo. Che cos'altro è allora political correctness se non addomesticamento della coscienza, una giustificazione passe partout?».
Walser entra nelle radici della condizione umana e vuole smascherare i principi su cui si basa il pensiero contemporaneo. L'uomo, scrive, ha sostituito la «giustificazione» con «l'aver ragione», facendoci comprendere quanto questo passaggio ci abbia annichiliti, appiattiti a una falsa idea di libertà. Se la prende con alcuni colleghi, come Ziegler, che pare si siano messi in pace la coscienza denunciando la fame nel mondo, la globalizzazione, ecc. Walser da parte sua scrive: «Uno che è scrittore, se è abbastanza matto, non può essere nient'altro che scrittore. Non cerca la propria giustificazione nel comunismo o nel nazionalismo o nell'antisemitismo». Ma la «giustificazione», per uno scrittore, è capire che il linguaggio stesso è da egli utilizzato per una mancanza che rende solitaria la sua esperienza nel mondo. Per il suo discorso, Walser si serve di alcuni autori affini Kafka, Dostoevskij , ma soprattutto di due padri della cultura tedesca moderna: Nietzsche e il teologo Karl Barth. A questi ultimi sono dedicati i capitoli più filosofici del libro. Walser ci fa continuamente capire che una civiltà priva di una giurisdizione è certamente impensabile. Ma non vi è legge che garantisca l'essere libero di un individuo. Nel momento in cui l'uomo fa coincidere la propria libertà con la legge, ha di fatto messo a tacere la sua coscienza più profonda, quella che gli ricorda la mancanza; la stessa mancanza che in definitiva lo fa esprimere («Qualunque cosa sia la mancanza non si scrive e non si parla per verificarla o attribuirle una ragione, ma perché non la si può accettare»). Perché, qualora non ci mancasse qualcosa, non avremmo alcuna necessità di scrivere.
Più radicalmente, Walser afferma che è l'esprimersi stesso la poesia , a testimoniare la fede in questa mancanza, a metterci in tensione con quello che, pur non vedendo, percepiamo come nostra sola possibilità di completezza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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