Cultura e Spettacoli

"È stato un moderno elogio della verità"

Monsignor Fisichella sullo spettacolo di Benigni: "Non è stato verboso, ma un modo nuovo di comunicare un'ideale di vita"

Roberto Benigni, durante la prova generale dello spettacolo
Roberto Benigni, durante la prova generale dello spettacolo

«Grazie a Benigni abbiamo visto cos'è la nuova evangelizzazione. Dare testimonianza della propria convinzione di fede, con l'intelligenza, la bellezza dell'esposizione e l'entusiasmo che rende credibile il proprio pensiero». Se lo dice l'arcivescovo Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione che, reduce da un viaggio in Messico, non si è perso una battuta de I Dieci Comandamenti , allora è missione compiuta.

Che bilancio trae delle due serate?

«Sono entusiasta. Ho visto un Benigni capace di toccare tematiche che giungono al cuore e alla mente delle persone, provocandole a riflettere».

Quando si porta in televisione un argomento così la banalizzazione è in agguato.

«Non ne ho trovato traccia. Anzi, ho percepito grande profondità. Benigni ha saputo coniugare lo spessore teologico del testo sacro con un linguaggio attuale, comunicativo, moderno, serio, che ha permesso di comprendere il valore esistenziale che i Dieci Comandamenti possiedono per la vita di ogni giorno».

C'è chi contesta un eccesso di verbosità: le dieci parole, si dice, sono un testo asciutto...

«La bellezza di questa esegesi è stata nell'indicare un ideale di vita. Abbiamo assistito a una comunicazione capace di dare vita a una parola antica e pure sempre nuova come la parola di Dio».

Siamo abituati a pensare al Decalogo come a una serie di divieti.

«È vero, questo modo d'intendere i Dieci Comandamenti non ne rispetta il senso profondo. Quello di Benigni è stato, invece, un autentico elogio all'amore, alla vita, alla fedeltà, alla verità. Abbiamo dimenticato l'anima guardando troppo al corpo e alle cose materiali. Così abbiamo dimenticato la vicinanza di Dio, perdendo noi stessi».

Benigni ha parlato della Legge non come strumento oppressivo, ma come condizione di libertà...

«È una legge scritta nel cuore di ogni persona. Nella misura in cui siamo capaci di riscoprirla, troviamo la verità che rende liberi. Scoprendo me stesso scopro anche gli altri».

Quali sono i passaggi che l'hanno più colpita?

«Ce n'è uno che mi è piaciuto molto e uno che non approvo. Il primo è stato il richiamo alla dignità della donna con la citazione del Talmud, che ha motivato il comandamento sulla fedeltà nell'amore. Un testo che a mio avviso oggi dovrebbe essere riscoperto. Il punto che condivido meno è quando, riferendosi al “non uccidere”, ha detto che Dio non perdona tutti i peccati. Questo limite posto alla misericordia divina contraddice il messaggio evangelico di un Dio che va incontro a tutti e non esclude nessuno. Neppure Caino».

Benigni ha avuto accenti poetici parlando del Dio geloso, che si tradisce nell'aggettivo possessivo del primo comandamento: Io sono il Signore Dio tuo.

«È stato commovente perché ha saputo entrare nella verità della Rivelazione cristiana.

Dove l'incontro con Dio è l'inizio della fede perché è l'incontro con una persona che ama e non con una dottrina».

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