Stravagante Amleto di Lorenzo Loris

All'Out Off di Milano rilegge come attore e regista il capolavoro di Shakespeare

Stravagante Amleto di Lorenzo Loris

Da un regista colto e spregiudicato come Lorenzo Loris, premiato lo scorso anno dall'Associazione dei Critici di Teatro, c'era da aspettarsi una regia eversiva di un testo canonico come Amleto. Che Loris, stavolta anche nei panni del pallido principe danese, ha adempiuto col rigore filologico che gli conosciamo pur consapevole di dover combattere da un lato con l'acerbità degli interpreti e dall'altro con la dialettica particolare dello spazio che da anni occupa in prima persona.
Ne è derivato un uso alternativo e sapiente del palco dell'Out Off di Milano stavolta astutamente doppiato dalla calata in platea della corte nella gran scena della recita dei comici ad Elsinore e dal turbolento ingresso dei contendenti in alto sugli spalti (ma dei sedili). Quando Amleto, alle prese con Laerte, giostra nel duello finale a ridosso degli spettatori del teatrino di via Mac Mahon. Stilisticamente, invece, il discorso si fa più complesso. Col bellissimo inizio, doppiato al finale in contrasto con la chiusa abituale del dramma che prevede nel testo l'ingresso pacificante di Fortebraccio. Qui sostituito dalla ripresa dei gridi lancinanti delle guardie in occasione del turno di notte alla torre, quasi a significare non la ripresa delle ostilità da parte del fantasma paterno di Amleto ma piuttosto la circolarità del tempo, incurante della storia come delle leggi orarie della vita.
E l'interpretazione? Mentre Loris affronta i dubbi e l'angosciosa opposizione al suo destino di morte giocando a rimpiattino col proprio corpo massiccio qua e là squassato da improvvisi trasalimenti che lo rendono a tratti indifeso come se fosse un bambino pericolosamente cresciuto dentro una corazza che non è di sua pertinenza, gli altri attori giostrano col corpo quasi fosse un ostacolo da abbattere in vista della conquista tragica del ruolo. Esprimendo di se stessi valenze contrastanti e mutevoli. Positive per quanto concerne la vittoriosa conquista di uno stato d'allucinazione come dimostrano con acuta sensibilità i giovani prescelti ad incarnare Laerte ed Ofelia.

Che reagiscono con elusiva grazia e incantevole partecipazione emotiva a un cast più raffazzonato che ispirato i cui minimi sono ahimé da attribuire a quei coetanei del tutto impreparati ad affrontare persone tragiche come Claudio e Gertrude.

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