La scomparsa di qualcuno, improvvisa, immotivata, scioccante, è uno dei temi ricorrenti nella letteratura noir e thriller: la spiegazione spesso coincide con la soluzione del giallo, come se sapere il motivo dell'inaccettabile ci permettesse l'accesso ai segreti più profondi di chi amiamo, alla sua vera essenza. È questa l'onda motivazionale che sorregge la trama - perturbante, ottimamente tenuta fino all'ultima pagina - del noir che ha conquistato pubblico e critica francesi lo scorso anno letterario e si è guadagnato un posto in finale al Prix Goncourt 2017. Al momento, Summer (La nave di Teseo, pagg. 240, euro 19, traduzione di Sergio Claudio Perroni) di Monica Sabolo, autrice che vive a Parigi ma è nata a Milano, è in corso di traduzione in dieci Paesi ed è appena arrivato anche da noi.
Nonostante la voce narrante sia quella di Benjamin Wassner - un uomo adulto, in analisi, che scrive sulla scia di un ricordo traumatico - la vera protagonista è sua sorella, Summer, che vediamo attraverso la lente deformata delle allucinazioni di Benjamin. I due sono stati felici l'ultima volta insieme, in famiglia, ventiquattro anni prima: sulle rive del lago Lemano, papà Thomas, «sorriso trionfale, fierezza virile», principe del foro, l'elegantissima «radiosa» mamma e i due figli, Summer nello splendore dei suoi 19 anni e Benjamin, adolescente, magrolino, nervoso, inquieto. Un ritratto quasi perfetto, che nasconde i suoi lati oscuri: segreti dietro le porte, malesseri, inibizioni e adorazioni. Un picnic, in riva al lago, e Summer, evanescente e inarrivabile in quella giornata di sole, scompare. Annegata? Uccisa? Rapita? O solo sparita, per sua o altrui volontà? Da quel giorno, tutti conoscono i Wassner: «il nostro splendore, la nostra sventura. Siamo avvolti nella nostra leggenda», commenta Benjamin, mentre spera che le sedute con il dottor Traub lo aiutino ad uscire da un incubo durato fino ai suoi 38 anni.
Un incubo dal quale si risveglia, pagina dopo pagina, con una inchiesta tutta personale, che deve inghiottire gli anni d'inferno seguìti a quella giornata sul lago e grattare la vernice sociale messa a protezione dello scandalo che ha colpito una famiglia «monumentale» per lasciare che venga alla luce la verità. Summer, quindi, è protagonista perché il suo spettro rivela più di quanto non farebbero il suo corpo e la sua voce in presenza: gli arcani di famiglia si svelano, sedotti, per paradosso, proprio dal misterioso potere dell'assenza della ragazza. In questo, il noir davvero ricorda, come alcuni critici francesi hanno sostenuto, Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides: l'adolescenza come età pulsionale, l'essenza dell'inquietudine che ci divora tutti, ma che, se raggiungiamo l'età adulta, cela i suoi mostri dietro altrettante ingovernabili nevrosi. Il gusto della lettura è nel veder crollare il castello di atteggiamenti del milieu alto borghese cui Summer appartiene: un castello di imposture e fantasmi, costruito per attenuare l'impatto traumatico dell'emozione.
La Sabolo in questo è particolarmente abile e l'alta società, per la quale crea nel romanzo una vera fascinazione nel lettore, per lei non ha segreti: «È un ambiente che mi è stato familiare nella mia adolescenza e nella mia infanzia», ha ripetuto in più di una intervista.
«Un ambiente che mi permette di proiettare, dal punto di vista sia estetico che morale, attaccamento al successo, convenzioni, codici e apparenze: tutto materiale che permette di congegnare un terreno narrativo ideale, uno spazio propizio alla comparsa del male».
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