"Suono il boogie per far ballare inferno e paradiso"

Intervista a Pino Daniele. Nel suo cd due inediti e i classici rivisitati. Duetti con Mina, Battiato e Biondi

"Suono il boogie per far ballare inferno e paradiso"

Il bello di Pino Daniele è che è il più bravo e non lo fa pesare. Non se la tira. Tran­quillo come sempre, l’aspet­to sempre più curato, qual­che chilo di meno e l’accento napoletano che sfodera solo per la battuta. Ha smesso pu­re di litigare con i discografici, anche se continua a non ade­guarsi ai tempi quando an­nuncia improbabili shop­ping musicali in multicenter romani chiusi da mesi. Se vo­lete sapere a che punto è la sua storia oggi esce l’ultimo cd Boogie Boogie Man, due inediti e dieci classici rivisita­ti tra cui Napul è con una Mi­na in punta di piedi. Il singolo che dà il nome all’album è molto boogie, tutto il resto è Daniele.

Già, il singolo: un omaggio ai Canned Heat che rifà il verso agli ZZ Top di mez­zo, quelli di La Grange e che finirà inevitabilmente sulle suonerie, categoria molto blues. Così va il mondo. E la cosa fagirare le scatole all’uo­mo nero a metà: «È tutto vir­tuale. Che credete che l’ho vi­sta io Mina? Ma quando mai, m’ha mandato il file, io gli ho spedito il mio, e così è nato il duetto...». Il musicista è stan­co, è giunto il momento degli allori, le gite in televisione co­stano fatica, «scocciano». In un paese con più fenomeni da baraccone che talenti me­glio dedicarsi alle passioni ve­re.

Bentornato Pino, ma che fi­ne ha fatto l’annunciato cd Acoustic Jam ?
«Me l’hanno bocciato. Una volta avrei fatto un casino, ora preferisco lasciare perde­re. Vorrà dire che troverò un’altra casa per questo mio progetto. Sapete che c’è? A 56 anni prendo la vita diversa­mente, anche se ogni volta che mi chiedono perché non scrivo più canzoni come Na­pul è , mi incavolo. Non sono più capace di quella intensità ma non per questo sono di­ventato improvvisamente una chiavica».

Forse ha scoperto che ora le piace più fare il musici­sta, suonare. Ma la musica cambia ancora il mondo?
«Una volta cantavi e sentivi di avere una responsabilità enorme perché riuscivi a in­fluenzare il corso delle cose, il pensiero comune. Ora i giova­ni hanno altre priorità, il cellu­lare e tutti i satelliti che girano attorno a questo malefico og­getto, musica compresa. Que­sto è il loro mondo, internet, inevitabile dramma come l’euro, e non più lo stereo che troneggiava nel salone di ca­sa. Adesso tira il singolo come accadeva negli anni Sessanta-Settanta, solo che quel 45 giri faceva da traino all’lp. Ora niente. Eppure vi assicuro che la musica aiuta a vivere meglio; a me ha dato una gros­sa mano».

Boogie boogie è un’evolu­zione di Electric Jam ?
« Si tratta di un progetto di­verso anche se è pieno di brani storici. Mi sono ispira­to ai Settanta per uno stile tutto mio che definirei “na­poletano melodico blues”. Sono aiutato da session­m­en tecnicamente formida­bili come il sassofonista Mel Collins (ex King Crimson e Camel) e il batterista dei Wheather Report Omar Hakim. Non faccio il profe­ta, ma faccio solo quello in cui credo. Boogie man è un gioco di parole tra il genere musicale e il boogie che in inglese significa “uomo ne­ro”, così ho unito le luci alle tenebre, ve lo dico perché tanto non ve ne sareste ac­corti ».

Nel cd ci sono duetti presti­giosi
No, più che di duetti parle­rei di collaborazioni. Mario Biondi era da tempo che lo in­seguivo. Lui col vocione, io col falsetto. Je so pazzo è venu­ta proprio bene. Poi c’è Battia­to, il maestro,non l’ho mai fre­quentato, ma ogni volta che lo ascolto mi viene voglia di chiamarlo al telefono per scambiare le mie idee e la mia creatività; la sua voce, la sua espressione e la sua energia ha reso Chi tene ’o Mare un brano unico, facendoci vive­re un’atmosfera magica da Re­gno delle due Sicilie».

Sbaglio, o si sta riaccenden­do pian piano la scintilla del blues?
«Vero. Tutto merito della mia partecipazione al Cros­sroad Festival, mai nessun italiano era stato invitato fi­nora, e che non mi devo esal­­tare per questo? ».

E a propo­sito di blues si prova a chie­dere un parere illuminato sugli altri bluesman italiani di successo in giro per il mondo. Sarebbero due: uno, bravo, è sul disco, l’al­tro no. Tutto inutile, tra col­leghi vige sempre la regola della solidarietà. La bagar­re, almeno dal punto di vista musicale, non fa per Pino.

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