Cultura e Spettacoli

Sylvie Lubamba dopo la galera: “In carcere devi salvare la dignità di donna”

A distanza di quasi due anni dall'uscita di prigione, Sylvie Lubamba si racconta e ricorda le giornate vissute in carcere nel tentativo di non perdere "la dignità di donna"

Sylvie Lubamba dopo la galera: “In carcere devi salvare la dignità di donna”

Nel 2014 Sylvie Lubamba venne arrestata con l’accusa di aver utilizzato carte di credito non sue e per questo venne condannata a 3 anni e nove mesi di carcere. Il prossimo Natale festeggerà due anni da donna libera e giovedì 19 settembre prossimo sarà impegnata con la Milano Fashion Week.

Una sorta di ritorno nel mondo dello spettacolo per la Lubamba che, dopo aver trascorso gli ultimi anni in prigione, ha perso ogni contatto con la tv. Eppure, lei racconta, la gente continua a fermarla per strada e a chiederle quando tornerà sul piccolo schermo. “Al bar, al supermercato... Mi fermano, chiedono quando tornerò in televisione... – ha detto al Corriere della Sera, tornando a ricordare i momenti vissuti in carcere - . Dopo la perdita di un figlio e una malattia grave, (il carcere, ndr) è la prova più terribile per una persona. Sono una testimone. Se mi venisse offerta la possibilità di uno spazio, anche di piccole conduzioni, o una presenza in un reality, avrei parecchio da offrire, da condividere. Da professionista quale sono, e senza rinunciare alla comicità, agli istanti di leggerezza, alla mia anima, nel rispetto della vastità della commedia umana”.

Sylvie Lubamba, che ha trascorso quasi quattro anni in cella, racconta il dramma di quella vita e spiega: “In cella stai per giorni, settimane, in una situazione sospesa, di incredulità. Ti dici: “Ma no, è un incubo, dai, adesso mi sveglio”. Poi ne prendi atto e, come dire, diventi di pietra”. La showgirl, quindi, descrive le sue giornate in cella: “Ci sono altre detenute che compiono gesti di autolesionismo, che picchiano la testa contro i muri, che urlano, e giuro, sono urla strazianti... All’inizio corri, consoli... poi, appunto, ci fai l’abitudine, anche se non mancheranno mai abbracci intensi, carezze che commuovono...”. “Ma è così ogni giorno, sarà così domani – ha continuato a spiegare - . È il carcere. Devi già resistere per salvare la tua dignità. La tua dignità di donna”.

Lei, infatti, che teneva tanto alla sua femminilità e alla cura della persona, ha dovuto rinunciarci perché “in cella sei in cinque in uno spazio minuscolo condividendo un gabinetto lì a due metri, e la tua intimità è quella che è”.

Però, l’incontro con il Papa, le ha permesso di ritrovare quella dignità che stava perdendo e, ad oggi, si dice pronta per tornare a lavorare da professionista facendo tesoro di ciò che gli anni in carcere le hanno insegnato.

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