Un televisore su tre conferma che l'effetto Belén è Verissimo

Le nozze della soubrette sfiorano il 30 per cento di share sul programma di Canale 5. A dimostrazione che interessano anche chi non lo ammetterà mai. È il potere del pop

Un televisore su tre conferma che l'effetto Belén è Verissimo

A questo punto le chiacchiere stanno a zero. Se si fosse fatto un exit poll, le nozze di Belén Rodríguez sarebbero finite all'opposizione con uno zero virgola. Che noia, che barba, cosa me ne frega del matrimonio di una starlette, io ho cose ben più importanti cui pensare. Invece no. Alle urne (mediatiche) è maggioranza. Il partito di Belén ha preso il trenta per cento, i numeri non si discutono e, al limite, si possono solo commentare. Sabato un televisore italiano su tre era sintonizzato sulla prima puntata stagionale di Verissimo di Canale 5 che è diventata extralarge (dalle 16.35 alle 18.40) grazie a un megaservizio dedicato all'evento.

I dati: 2 milioni 413mila telebeleniani in media, con share del 24.56 per cento. Picco di ascolti intorno alle 17.35 (il momento clou, ossia il sì a Stefano De Martino davanti all'altare) con 2 milioni e 816mila e share del 29.80 per cento. Un risultato superiore alla media di Verissimo della scorsa stagione, comunque già assai televisivamente rispettabile. Dopo aver monopolizzato per due mesi tutti i canali gossipari, la cerimonia di Comignago in provincia di Novara (mai stato così famoso da quando le donne del paese per protesta si sdraiarono sui binari della ferrovia nel 1908) ha attirato un terzo dei telespettatori del pomeriggio di un sabato italiano. Sbriciolando i luoghi comuni. Oddio, qui non si parla di meriti, di etica o di tutto ciò che attizza gli editorialisti, i commentatori tipo, la legione di radical chic un po' hipster che vanta interessi normalmente condivisi dallo zero virgola dell'opinione pubblica. Si parla di cronaca rosa, molto gossipara, d'accordo, ma anche molto simile a quella che ha sempre attirato i gusti quotidiani di chiunque e non solo del popolo bue.
Perciò, senza neppure volerlo, il matrimonio di Belén Rodríguez è diventato una cartina al tornasole di quanto poco contino certe analisi sociologiche. Il pop si ferma prima, anzi le fugge. Da sempre. Senza contare le cronache filtrate dall'Antica Roma o dal Rinascimento, già i feuilletton de La Presse attizzavano, mutatis mutandis, queste corde del lettore.

In mezzo a notizie di guerre, di tasse e di intrighi internazionali, c'erano anche i riflessi amorosi, modaioli, talvolta perversi del pettegolezzo, meglio se mondano, ammantato da quell'aura all'apparenza irraggiungibile da chi è impegolato nella quotidianità più lineare. E, allora come adesso, le critiche erano colpi di mitraglia così precisi che persino I miserabili di Victor Hugo furono considerati, da tanta critica autorevole, parte di un genere letterario di serie B solo perché non ortodossi e quindi marginali. Questo tanto per dire quanto le categorizzazioni diventino non rappresentative se incasellate in confini troppo rigidi. E condizionanti. Così negli anni '70 qualsiasi exit poll avrebbe dato la Democrazia Cristiana in minoranza, perché non faceva figo ammettere di votare il partito di Fanfani e Rumor. E in ben altro settore, giusto un decennio fa, nessuno avrebbe potuto prevedere il successo televisivo degli sciagurati esibizionisti del Grande Fratello. E invece.

Allora oggi, dopo aver sentito in giro per due mesi che il matrimonio di Belén non interessava nessuno, si scopre che invece interessa un terzo del pubblico televisivo italiano. Al di fuori di ogni giudizio di merito, è una piccola lezione di sociologia spicciola. Da considerare purchessia.

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