Nel terzo volume della Storia della guerra civile in Italia del giornalista Giorgio Pisanò (1924 - 1997), che sarà in edicola da oggi con il Giornale a euro 9,90 più il prezzo del quotidiano, prosegue il racconto della lotta tra fascisti e partigiani, regione per regione. Il testo di Pisanò venne pubblicato per la prima volta nel 1965 ed è stato a lungo ignorato dalla storiografia accademica, perché metteva in crisi molti miti resistenziali. Questo è particolarmente vero per alcuni degli argomenti presi in esame proprio in questo terzo volume.
Ad esempio l'uccisione del «federale» di Ferrara, Igino Ghisellini. Quello su cui non c'è dubbio è che Ghisellini venne rinvenuto morto, in un fosso lungo la strada tra Ferrara e Casumaro, il 14 novembre del 1943. Il federale era solito percorrere quella strada su una Fiat 1100, l'aveva imboccata anche la sera del 13. Qualcosa però andò storto. Fece salire sulla sua macchina qualcuno che gli sparò sei colpi alla nuca. La reazione fascista fu rapida e inutilmente brutale. Furono arrestati 74 presunti antifascisti, furono «processati» e 11 vennero fucilati. Quasi subito le forze partigiane accusarono i fascisti di aver ucciso Ghisellini per una faida interna e poi di aver sfruttato il delitto per dare il via alla repressione. Pisanò riuscì a dimostrare che, invece, nello stesso movimento partigiano c'era chi aveva rivendicato l'attacco come opera dei Gap. Ne parlò anche un articolo dell'Unità edita clandestinamente. I veri colpevoli? Difficili da stabilire ad anni di distanza, forse i gapisti millantarono per fingersi più aggressivi di quel che erano. O forse decisero a posteriori di occultare le loro responsabilità. Certo prima di Pisanò nessuno aveva fornito una versione alternativa a quella ufficiale.
Come sono mirabili le pagine sulla vicenda dei fratelli Cervi. Pisanò mostra come in realtà il Partito comunista fece ben poco per avvertire la famiglia partigiana dell'imminente arresto da parte dei fascisti, anche se ne era stato avvisato. Possibile che trovasse i Cervi troppo autonomi e sacrificabili.
Tant'è che subito dopo incrementarono gli attacchi che portarono alla ritorsione voluta dai fascisti più esagitati che scavalcarono il capo della provincia, il conte Enzo Savorgnan di Brazzà, e passarono i Cervi per le armi. Cosa che il Savorgnan commentò così: «Questo errore lo pagheremo caro».
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