Cinzia Romani
Dopo aver letto a Napoli, all'interno del carcere minorile di Nisida, La tempesta di Shakespeare, riscritta da Eduardo nel napoletano colto del Seicento, l'attore e regista s'infervora e vibra d'indignazione civile. Il suo film 7 minuti, opera attuale sul lavoro, sui diritti e sulle garanzie, andrà in concorso alla Mostra di Venezia. E, insomma, più passa il tempo, più Michele, classe di ferro 1946, s'impegna al cinema, in teatro, dietro le sbarre.
L'artista in carcere, che coinvolge carcerati-attori: ha guardato a Cesare deve morire, il bel film dei fratelli Taviani?
«Veramente, sono stato un antesignano del genere: nel film di Marco Risi Mery per sempre facevo il professor Terzi, che accetta una cattedra scomoda nel carcere minorile Malaspina, a Palermo. E grazie alla cultura, quei disgraziati ragazzi recuperavano la loro dignità. Nella Tempesta, opera straordinaria che interpretai con Strehler nel ruolo di Calibano, mentre ora, nel testo edoardiano, scritto in napoletano arcaico, interpreto Prospero. I giovani detenuti fanno il coro e la ciurma che affronta la tempesta».
Qual è il senso di questo spettacolo, che apre, in anteprima, il Napoli Teatro Festival?
«Quello di restituire ai giovani detenuti, i guaglioni del coro, la propria identità. Il testo di Eduardo fa apprezzare la parola e se stessi mentre la parola viene detta. Già all'epoca di Mery per sempre, vidi i risultati positivi di certe operazioni: 5 ragazzi difficili che vi recitarono, cambiarono totalmente. Investendo i soldi guadagnati col film per aprire piccole imprese. Un'occasione di riscatto Se a ogni malandrino si dà un momento di riflessione, qualcosa nasce di sicuro. Io, però, non sono sempre stato un bravo ragazzo: negli anni, mi si è formata una coscienza».
7 minuti, il suo nuovo film che racconta una crisi aziendale da un punto di vista femminile, esce in un momento caldo per le questioni legate al lavoro, come dimostrano le proteste in Francia
«E infatti il film uscirà prima in Francia, con una proiezione a Place de la République. Una storia vera, in una fabbrica vera, la ex Rossi sud di Latina, scritta dall'autore teatrale Stefano Massini. Un testo già venduto in 70 teatri del mondo, con 11 donne italiane a interpretarlo e ispirato a un fatto realmente accaduto nel 2012 in Francia, nel distretto tessile di Yssingeaux».
Qual è la storia di 7 minuti?
«Premesso che Alessandro Gasmann ne ha già fatta una versione teatrale, qui undici lavoratrici devono scegliere se rinunciare a 7 minuti della loro pausa-pranzo per mantenere il posto di lavoro. L'azienda insite: è una piccola rinuncia, per non chiudere. Ma un'operaia, Bianca, interpretata da Ottavia Piccolo, insinua il dubbio che tale rinuncia sia lecita. Sparigliando i giochi dell'azienda. In America, dove gli allevatori di polli hanno accorciato la pausa-pranzo, le lavoratrici più in là con gli anni, hanno dovuto mettersi il pannolone».
Accanto alla Piccolo, recitano sua figlia Violante,che fa l'impiegata; Cristiana Capotondi, Ambra Angelini e, per la prima
volta, la cantante Fiorella Mannoia. Perché l'ha scelta?«L'avevo vista sul palco: dialoga con il suo pubblico molto bene. E poi ha sempre voluto fare l'attrice, così le ho offerto questa possibilità. È stata subito brava».
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