Con Massimo Ranieri non vale. Con lui tutto il repertorio dei luoghi comuni - sempre giovane, sempre bravo, bravo in tutto - cessa d'essere retorico. E diventa reale. Prova ne siano i cinque milioni di telespettatori, pari al 21,01 per cento di share, che sabato scorso hanno seguito il debutto dell'inarrestabile entertainer in Sogno e son desto. Un nuovo, rutilante one man show che, com'era scontato, non ha potuto battere il troppo radicato C'è posta per te, ma - e questo era meno prevedibile - ha superato la media di Raiuno. Soprattutto dimostrando che i grandi artisti ottengono sempre grandi risultati.
Perché questo è lei, Ranieri. Un artista a tutto tondo.
«Io preferisco dire: un uomo di spettacolo. In fondo le mie apparizioni in show tv assomigliano ai mandati del Presidente della Repubblica: ogni sette anni. Piuttosto che l'appuntamento assiduo scelgo l'evento periodico. Non per spocchia. Ma per natura».
E ciò che più piaciuto, in Sogno e son desto, è appunto questo suo continuo, quasi inavvertibile passare dal canto al teatro, dalla poesia al cinema, alla sceneggiata, al ballo.
«A chi mi chiede se mi sento più cantante o più attore, rispondo che sono un cantante che recita. Ma anche un attore che canta. O forse un interprete, che recita cantando e canta recitando. Insomma: mi piace mescolare le carte».
La Rai annuncia che per nessun altro recente one man show ha ricevuto dal pubblico altrettante richieste di partecipazione alla diretta tv.
«Sì. Nello studio Rai sono sbarcati pullmann interi, provenienti dalla Campania, dal Veneto, dalle Marche. Parecchie richieste anche dall'estero. Dipenderà dal fatto che io sono un artista popolare. Nel senso effettivo della parola: piaccio al popolo. E a chi ritiene questo sminuente - considerando anche che ho lavorato con nomi sommi quali quelli di Strehler, De Lullo, Patroni Griffi, Scaparro, Bolognini - ribatto che sommo non vuol dire irraggiungibile. Al contrario: sentito e amato da tutti. Sono popolare? Ne sono fiero».
Ma perché il pubblico le vuole così bene?
«C'è il fattore anagrafico. Ho vissuto e sono cresciuto assieme a metà dei miei fan. Poi m'illudo d'aver dato voce, almeno un po', e almeno in certi irripetibili momenti, alle stesse sue emozioni. E, in ultima analisi, la gente sente che lassù sul palcoscenico io do tutto. Ecco perchè mi restituisce così tanto».
Tuttavia il tempo passa. E anche se la sua energia scenica resta invidiabile, declinerà, prima o poi...
«Basta metterla in conto, serenamente. Anche Massimo Raneri invecchia. A maggio ne farò 62. Ma che c'è di strano? L'importante è continuare a realizzare i propri sogni. Che piano piano cambieranno, certo. Ora, ad esempio, mi dedico molto più alla regia. E poi, anche se amo il mio passato, non sto a rimpiangerlo. Sono per natura continuamente proiettato verso il futuro».
Come sarà la puntata di sabato prossimo?
«Piena di duetti insoliti. Primo fra tutti quello con Patty Pravo: ci conosciamo da quarant'anni, io l'ho sempre adorata, così ricca di stile ed allure, ma, incredibilmente, non abbiamo mai cantato assieme. Così rifaremo La bambola, Ragazzo triste, Qui e là. Con Franco Battiato rivivremo Sul ponte sventola bandiera bianca, e con Stefano Bollani 'O mafiuso di Carosone. Ma ci saranno anche poesie di Sandro Penna, Alda Merini, una di Raffaele Viviani, Don Nicola, che cento anni descriveva il terremoto di Avezzano, e fa venire i brividi. In cento anni nulla è cambiato».
Riporterà il teatro in tv? E se un giorno le proponessero di condurre Sanremo?
«Dopo Eduardo
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