Sempre più disgrazie. Con Biutiful - giustamente premiato per linterpretazione di Javier Bardem al Festival di Cannes 2010 -, la triste collezione tipica di ogni film di Alejandro Gonzalez Inarritu cresce ancora.
Prima, si poteva attribuire limpressionante catena di morte e infelicità varie allestro funereo dello sceneggiatore Guillermo Arriaga, che ha scritto Amores perros, 21 grammi e Babel. Ma la loro collaborazione è finita proprio con Babel, alla cui proiezione del Festival di Cannes 2006 il regista non volle lo sceneggiatore con sé. In Biutiful, il regista messicano dirige dunque quel che lui stesso ha scritto con Armando Bo. Eppure si va egualmente a parare in una persona votata al male, che si converte al bene solo per fare più danni, sebbene involontari. Perfino nei film da festival - e Biutiful non è solo concepito come tale, è anche realizzato bene negli aspetti tecnici - nessuno lotta più per emanciparsi. Incombe solo il destino. Per indurre a rassegnarsi anche lo spettatore, la lezione è severa. Nella realtà, può accadere di tutto e magari tutto insieme. Non si dice che «piove sul bagnato»?. Eppure è arduo credere che tanti letali eventi capitino nel giro di tre mesi alla stessa persona e a chi lo circonda.
Per raccontare gli ultimi novanta giorni di questo Giobbe senza Dio, Gonzalez Inarritu si prende due ore e mezza. Lo spettatore ha quindi tempo di pensare alla data dellultimo controllo della prostata, ai valori del suo Psa e, in genere, a quanto tempo gli resti da vivere. Per giunta, il personaggio è un criminale e non uno qualsiasi: è un negromante che passa ai vivi i messaggi dei morti! Quando non fa questo, schiavizza immigrati cinesi clandestini, corrompe la polizia, si occupa della prole. Così si trascura e scopre che è tardi per fermare il cancro.
Simmagina che il Biutiful del titolo, in inglese maccheronico, sia solo ironico.
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